Israele-Giordania, è scontro sull’abbraccio di «Bibi» alla guardia
L’abbraccio dopo il ritorno a casa, i complimenti e le frasi ammiccanti («hai già prenotato la cena con la tua ragazza?»). Benjamin Netanyahu ha diffuso il video dell’incontro ufficiale con la guardia dell’ambasciata che ad Amman ha ucciso due giordani, uno di loro l’aveva ferito alla schiena con un cacciavite. L’accoglienza e la celebrazione sono inaccettabili per re Abdallah, che ha accusato il premier israeliano di aver inscenato uno «spettacolo politico» per guadagni elettorali: «Chiediamo un processo e giustizia in nome dei nostri morti».
I giordani sono convinti che lo scontro a fuoco non sia stato la reazione della guardia a un attacco terroristico, come hanno raccontato gli israeliani: la sparatoria — sostengono — sarebbe avvenuta dopo una lite per il ritardo nella consegna, l’arabo era un artigiano arrivato negli alloggi dell’ambasciata per sistemare alcuni mobili, l’altra vittima il padrone di casa. «Il comportamento del primo ministro — ha continuato il re — è provocatorio e infiamma gli estremisti in tutta l’area». La frattura diplomatica — commenta Ben Caspit, prima firma del quotidiano Maariv — «rischia di rovinare i rapporti con l’alleato più importante che abbiamo in Medio Oriente. Invece di farsi fotografare con la guardia, Netanyahu avrebbe dovuto aiutare il re a evitare di venire attaccato dai giordani che lo accusano di essersi dimostrato debole. E questo sta succedendo nel mezzo di una crisi regionale che Abdallah stava contribuendo a risolvere». Da due settimane i palestinesi protestano attorno alla Spianata delle Moschee — che gli ebrei venerano come Monte del Tempio — da quando la polizia aveva piazzato i metal detector e le telecamere davanti all’ingresso principale per i musulmani, misura decisa dopo un attentato, due poliziotti uccisi. I controlli elettronici sono stati rimossi e ieri i leader del Waqf, l’organismo religioso che amministra il terzo luogo più sacro dell’islam, hanno dichiarato che i fedeli potevano tornare a pregare nella moschea Al Aqsa: migliaia hanno premuto per entrare dalle porte nella Città Vecchia, la festa si è trasformata in scontri, quasi cento palestinesi feriti. In serata nuove violenze tra palestinesi e forze di sicurezza israeliane fuori dalla Porta dei Leoni, almeno otto feriti. Anche per oggi la polizia e l’esercito restano in massima allerta, perché i «giorni della rabbia» non sembrano finiti.