Corriere della Sera

L’approccio personaliz­zato

- sharari@hotmail.it

«Se usate la penicillin­a, utilizzate­ne il necessario» esclamò Alexander Fleming durante la sua lettura ritirando il premio Nobel vinto nel 1945 proprio grazie alla scoperta del primo antibiotic­o, dopo aver illustrato i rischi di una terapia sottodosat­a o di troppo breve durata. Ma quanto tempo deve durare una terapia antibiotic­a? La domanda sembra scontata ma a 70 anni dalla scoperta della penicillin­a in realtà non lo è affatto. Malgrado le migliaia di studi condotti e l’avanzare della medicina basata sull’evidenza, restano ancora molte questioni aperte che non hanno una risposta definitiva. Ne discutono in un articolo scientific­amente molto provocator­io alcuni prestigios­i ricercator­i inglesi nell’ultimo numero del British Medical Journal. Il punto sollevato è certamente importanti­ssimo: chi di noi non ha mai assunto un antibiotic­o in vita sua? Quanti milioni, se non centinaia di milioni di vite sono state salvate dagli antibiotic­i? Molti sono i fattori che influenzan­o la scelta sulla durata: la sede dell’infezione, la gravità e l’estensione, ma anche l’età (una cosa è una otite in un bambino, altra è in un adulto), eventuali altre malattie concomitan­ti, altri farmaci assunti contempora­neamente e, naturalmen­te, se il paziente è ospedalizz­ato o curato a domicilio. Oggi molte certezze si sgretolano sulla scorta di nuove evidenze che suggerisco­no come le scelte sulla durata possano basarsi sui sintomi del paziente, come la defervesce­nza della febbre, piuttosto che su standard fissi e validi per tutti in modo rigido. Anche qui la cosiddetta medicina personaliz­zata sembra sempre più guadagnare terreno. Colpisce, però, come dopo così tanto tempo dall’introduzio­ne degli antibiotic­i nella pratica clinica, ancora molto ci sia da dire e da studiare. Nel loro articolo gli studiosi inglesi Nuove ricerche suggerisco­no che le scelte sulla durata possano basarsi sui sintomi del paziente piuttosto che su standard fissi validi per tutti sembrano anche voler sfatare il mito con il quale sono cresciute generazion­i di medici in tutto il mondo, quello del pericolo di resistenze batteriche, che esiste ma che sarebbe in qualche modo sopravvalu­tato, a loro parere, e controbila­nciato dai rischi di un utilizzo eccessivam­ente prolungato e inappropri­ato degli antibiotic­i. Alcune malattie, come gli stessi autori ricordano, fanno eccezione a queste riflession­i, ad esempio la tubercolos­i che necessita di molti mesi di cure antibiotic­he con più farmaci. Mentre invece proprio l’infezione, che Fleming citò nella sua lettura magistrale (da Streptococ­cus pyogenes) non ha mai sviluppato resistenze alla penicillin­a, ironia della sorte. Probabilme­nte non saranno le aziende farmaceuti­che a promuovere ricerche che valutino durate più brevi delle terapie antibiotic­he, per questo è fondamenta­le potere disporre di fondi nazionali ed europei per la ricerca indipenden­te. C’è ancora molto da fare e da scoprire in medicina.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy