Corriere della Sera

Antonello Gentile,

- Bruno Faccini,

Caro Aldo, una sera ho incontrato Federica Pellegrini, a Piazza delle Erbe, e mi sono fermato a guardarla. E lei, cortesemen­te, si è quasi «messa in posa», ma senza «tirarsela». E, al mio sguardo più che eloquente, ha risposto con un bel sorriso allegro. Ed io: «Compliment­i!». Lei «Perché?». Io: «Per tutto!». Ed è andata via, ringrazian­do allegramen­te. Federica è pure simpatica e disponibil­e, oltre che una grande atleta!

Verona Caro Antonello, è la stessa impression­e che ho avuto ai Giochi di Rio. E se Fede non fosse affondata in Brasile, non avrebbe vinto a Budapest. Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579

«È una grande atleta simpatica e disponibil­e»

lettere@corriere.it lettereald­ocazzullo @corriere.it

Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere

Caro Aldo,

dopo il 25 aprile, alcuni individui andarono dove abitavano i miei genitori per prelevare il capo fabbricato: un individuo che si pavoneggia­va sempre in orbace, ma non troppo malvagio. Avendoli scorti, scappò al piano superiore ed entrò in casa dove c’era solo mia mamma, che lo chiuse dentro a chiave e se la filò alla chetichell­a, andando ad attendere mio padre al lavoro. Girovagaro­no fino a notte inoltrata, tornando quando pensarono che le acque si erano calmate. Il «recluso» ringraziò e fece perdere le sue tracce. I miei non erano fascisti, anzi papà era un dirigente d’azienda licenziato per non aver preso la tessera del Pnf. Il camerata messo al suo posto fuggì con la cassa.

Milano

Caro Bruno,

Scelgo la sua lettera tra le tante arrivate sul «dopo 25 aprile» perché racconta una storia di generosità e di speranza. Se ne potrebbero raccontare molte altre, accanto a vicende invece dure e sanguinose. Mario Sironi, il grande pittore, fascista della prima e dell’ultima ora, tenta di fuggire da Milano verso la Svizzera, in macchina, con il suo cane. Sono i giorni in cui si dà la caccia ai gerarchi e in genere ai fascisti: Achille Starace viene riconosciu­to mentre pensa bene di fare jogging – «Starace, dove vai?», «Vado a prendere un caffè!» — e messo al muro. Sironi lo ferma una pattuglia di partigiani comandata da Gianni Rodari, comunista e poeta. Rodari ha appena riconosciu­to John Amery, l’inglese che parlava alla radio nazista, e l’ha consegnato alle autorità britannich­e: subito tradotto a Londra, sarà processato da un giudice imparrucca­to che gli dirà: «Tu hai tradito la tua patria e il tuo re; hai perso il diritto di vivere». Emery sarà impiccato pochi giorni prima del Natale 1945 e sepolto in una fossa senza nome nel cimitero del carcere di Wandsworth. Ma ora Rodari sta leggendo un altro nome sul documento di un altro fermato, Sironi Mario, e chiede: «Siete voi il pittore delle periferie?». Sironi risponde: «Sono io». Rodari, che non vuole fare uccidere un grande artista italiano, gli dice di andare via in fretta. Ma Sironi ribatte che al prossimo posto di blocco ci saranno partigiani ignari di arte moderna, che lo metteranno al muro. Allora Rodari firma con il suo nome un lasciapass­are intestato a Sironi Mario; e gli salva la vita.

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