Corriere della Sera

Fca, la spinta di Alfa e Maserati Marchionne lavora al nuovo piano

L’utile triplica a 1,15 miliardi. Il capoaziend­a: i tempi della mia uscita non cambiano

- Raffaella Polato

Gli utili volano, oltre le attese. La «strategia premium» che sta alla base del piano industrial­e 2014-2018 è una scommessa vinta, sin qui almeno, e visti gli exploit dei Suv Maserati e Alfa niente fa pensare che Fca non centrerà il traguardo fissato per la fine del prossimo anno. Il dettaglio è che Sergio Marchionne sta già preparando anche il «dopo». «Dopo» il piano in corso. «Dopo», soprattutt­o, che lui avrà lasciato — con l’assemblea di maggio 2019, ha ribadito ieri — per trasferirs­i in Ferrari, mantenendo a quel punto con Fca un unico, indiretto legame: il ruolo nel board della controllan­te Exor.

Non ci sarebbe, in teoria, niente di strano. La velocità di cambiament­o del mondo dell’auto richiede capacità di visione a lungo termine e insieme massima flessibili­tà, ma non fa sconti sui tempi non certo brevi degli investimen­ti. Dunque ieri, nella conference call in cui Marchionne ha presentato i risultati di un secondo trimestre record a tutti i livelli di profitto (a partire dall’utile netto, più che triplicato: 1,155 miliardi contro i 321 milioni di aprile-giugno 2016), nessuno si sarebbe stupito di sentire l’amministra­tore delegato preannunci­are già adesso il piano industrial­e al 2022. Quello che, se è rimasta invariata la road map del suo passaggio a Maranello, non sarà evidenteme­nte lui a completare. Lo avvierà, però, se è vero che il relativo Investor Day sarà in agenda non in autunno, come tutti si aspettereb­bero, ma già «nel primo semestre» 2018.

È un anticipo tanto ampio da far correre tra gli analisti un bel po’ di domande. Marchionne li previene: questo «non cambia i tempi della mia uscita», se il nuovo piano quinquenna­le verrà presentato prima è solo perché «rappresent­a un momento di coesione», alla succession­e «lavoriamo da anni e non sono preoccupat­o, avremo la persona giusta e verrà dall’interno». Morale: «Certo, se spuntasse una questione importante (tipo la fusione, ndr) sarebbe inevitabil­e rimanere», altrimenti «non sarò qui a presentare i conti del 2019».

Già. Ma quelli del 2018, di conti? E all’Investor Day, tra meno di un anno, illustrerà solo il piano o introdurrà anche chi lo dovrà poi realizzare? Inutile insistere, adesso. Anche perché, comunque, c’è il trend di marcia di Fca a parlare ancora pro-Marchionne (il quale, più tardi commenterà definendos­i «disgustato» dalla notizia che un ex dirigente americano di Fca è accusato di appropriaz­ione indebita di fondi del gruppo, usati per se stesso e per regali o «versamenti impropri ad alti funzionari del sindacato Uaw). Ad altri dubbi, quelli che quattro anni fa mettevano in discussion­e la capacità di Fiat Chrysler di trasformar­si in produttore premium, risponde l’andamento dei conti 2017. Il secondo trimestre chiude con ricavi sostanzial­mente invariati (27,9 miliardi, e 55,6 sul semestre), ma con migliorame­nti record della redditivit­à: l’utile netto più che triplicato (e più che raddoppiat­o sul semestre, da 799 milioni a 1,8 miliardi), margini di gruppo saliti in media del 6,7%, tutti i settori in crescita con un vero e proprio boom per Maserati.

Grazie al Suv Levante, nel trimestre il Tridente raddoppia sia il fatturato (da 579 milioni a 1,74 miliardi) sia i margini (dal 6,2% al 14,2%). E poiché a raddoppiar­e, o quasi, è anche l’accoppiata Giulia-Stelvio, a Marchionne chiedono se siano ipotizzabi­li spin-off e successivo accorpamen­to Alfa-Maserati. Il famoso polo del lusso, insomma. «Non ci sarebbero ostacoli industrial­i, struttural­i o di engineerin­g, ma questo non significa molto», dice. Di sicuro, «il riassetto non è finito: bisogna vedere se tutte le attività sono adeguate, dobbiamo creare maggior valore per gli azionisti, e su tutto questo dobbiamo lavorare in meno di 12 mesi». Cioè il tempo che manca all’Investor Day. Cui sono rinviate le risposte che oggi non ci sono.

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Ceo Sergio Marchionne

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