Trump caccia Priebus: il nuovo capo dello staff è il generale Kelly
L’annuncio con un tweet dopo la notte di Obamacare e l’ok alle sanzioni alla Russia. Che prepara ritorsioni
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
«Sono lieto di informarvi che ho appena nominato il generale John F. Kelly capo dello staff della Casa Bianca»: Donald Trump annuncia con un tweet il cambio nella posizione più delicata della squadra presidenziale. Via Reince Priebus, bersaglio negli ultimi giorni degli attacchi del nuovo responsabile della Comunicazione Anthony Scaramucci. Al suo posto l’ex ministro della Sicurezza interna, generale Kelly.
Intanto le crisi internazionali sembrano sorprendere Washington. Il governo russo annuncia l’espulsione di «centinaia di diplomatici americani». I senatori repubblicani sono ancora stravolti dopo l’affossamento della riforma sanitaria, nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, con il «no» decisivo di John McCain. Le incertezze, il disorientamento sono diventati un dato politico. A Mosca ne ricavano una conclusione: Donald Trump è più debole, più vulnerabile. Il presidente deve ancora firmare la legge approvata a larghissima maggioranza dal Congresso: ulteriori sanzioni economiche a carico di Russia, Iran, Corea del Nord. Vladimir Putin è accusato, tra l’altro, di aver interferito nelle elezioni presidenziali Usa. Ecco allora la reazione del Cremlino: la delegazione diplomatica statunitense dovrà ridurre lo staff fino a 455 persone. Lo stesso numero dei rappresentanti russi negli Stati Uniti. Non è ancora chiaro quanti americani se ne dovranno andare. Solo nell’ambasciata di Mosca lavorano circa 1.100 persone, poi ci sono i consolati di San Pietroburgo, Ekaterinburg e Vladivostok. Secondo la televisione di stato, Rossiya 24, gli espulsi potrebbero essere almeno Scrittore Salman Rushdie, 70 anni
The Golden House: su «la Lettura» da domani in edicola viene svelato il contenuto del nuovo romanzo di Salman Rushdie (in uscita a settembre). La Casa Dorata: una storia dell’America dall’era Obama a Trump. 700. Inoltre le autorità confischeranno una dacia lungo il fiume a Mosca e un deposito a disposizione dei delegati Usa. Il provvedimento è una risposta anche alle misure adottate da Barack Obama nel dicembre scorso: foglio di via per 35 funzionari russi e sequestro di due edifici sospettati di essere basi per lo spionaggio. Anche se nel comunicato ufficiale diffuso dal ministero degli Esteri si fa riferimento solo alle restrizioni appena approvate dal Senato: «Un fatto che dimostra l’estrema aggressività degli Stati Uniti negli affari internazionali». Ieri i ministri degli Esteri dei due Paesi, Sergei Lavrov e Rex Tillerson, si sono parlati al telefono, passando poi una formuletta generica ai media: «Abbiamo concordato di restare in contatto su una serie di questioni bilaterali».
Ma ciò che colpisce in tutta questa vicenda è come siano bastate poche settimane per far evaporare lo «spirito di Amburgo». Nella città tedesca, il 7 e l’8 luglio scorso, durante il G20, Trump e Putin si erano spiegati due volte. Non è bastato. L’ostacolo centrale è sempre lo stesso: i servizi segreti Usa e l’intero Congresso sono certi che Putin abbia ordinato di interferire nel voto del 2016. Trump continua a creare confusione su questo punto. Il presidente americano aveva detto di «aver incalzato il leader russo con domande stringenti sulle interferenze cibernetiche». Questa è la risposta: centinaia di diplomatici messi alla porta.