Corriere della Sera

Il suicidio annunciato del geometra su Facebook

- Fulvio Bufi

Chiuso in un social network un uomo racconta al mondo la sua storia privata, identica a mille altre storie private, e pare quasi convinto che il mondo dietro la webcam lo ascolti. Parla di una donna, la sua compagna, e le esprime delusione, rancore. Racconta una storia di persone che conosce solo lui, e di tutte fa nome e cognome, perché vuole che tutti siano identifica­bili: lei, l’altro, la futura moglie dell’altro. Tutti. Volendo li si può anche rintraccia­re, lì nel social network. L’uomo parla di chat, di messaggi che rimbalzano da un telefonino all’altro. Tutto quello che racconta passa per post di Facebook, contatti WhatsApp, connession­i incrociate. C’è una piatta normalità in gran parte di quei trentotto minuti di monologo. La normalità delle incomprens­ioni di coppia e delle storie che non sono più belle come all’inizio e poi non sono più e basta. Ma poi, quando anche la seconda parte del video sta per terminare, tutto cambia. Quello non era uno sfogo, era un addio. L’uomo saluta i genitori, i parenti, gli amici. E maledice la sua compagna. Poi, appena lo schermo diventa buio, si avvia verso il buio anche lui: svuota una tanica di benzina nella stanza da cui ha registrato, accende una fiamma, provoca una esplosione. E muore. Questa storia, questa tragedia, è vera. È successa in un paese in provincia di Napoli, sono vere le persone, sono veri i commenti anche contro la donna, se siano vere pure le cose raccontate nei video non ci riguarda. Ci riguarda invece accorgerci che i social, che si sono presi già le vite di molti, possono prendersi anche la morte. Non solo quella dei kamikaze o degli squilibrat­i da strage nei campus americani. Anche quella di un geometra napoletano deluso per amore. E chissà in futuro di quanti altri.

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