Il suicidio annunciato del geometra su Facebook
Chiuso in un social network un uomo racconta al mondo la sua storia privata, identica a mille altre storie private, e pare quasi convinto che il mondo dietro la webcam lo ascolti. Parla di una donna, la sua compagna, e le esprime delusione, rancore. Racconta una storia di persone che conosce solo lui, e di tutte fa nome e cognome, perché vuole che tutti siano identificabili: lei, l’altro, la futura moglie dell’altro. Tutti. Volendo li si può anche rintracciare, lì nel social network. L’uomo parla di chat, di messaggi che rimbalzano da un telefonino all’altro. Tutto quello che racconta passa per post di Facebook, contatti WhatsApp, connessioni incrociate. C’è una piatta normalità in gran parte di quei trentotto minuti di monologo. La normalità delle incomprensioni di coppia e delle storie che non sono più belle come all’inizio e poi non sono più e basta. Ma poi, quando anche la seconda parte del video sta per terminare, tutto cambia. Quello non era uno sfogo, era un addio. L’uomo saluta i genitori, i parenti, gli amici. E maledice la sua compagna. Poi, appena lo schermo diventa buio, si avvia verso il buio anche lui: svuota una tanica di benzina nella stanza da cui ha registrato, accende una fiamma, provoca una esplosione. E muore. Questa storia, questa tragedia, è vera. È successa in un paese in provincia di Napoli, sono vere le persone, sono veri i commenti anche contro la donna, se siano vere pure le cose raccontate nei video non ci riguarda. Ci riguarda invece accorgerci che i social, che si sono presi già le vite di molti, possono prendersi anche la morte. Non solo quella dei kamikaze o degli squilibrati da strage nei campus americani. Anche quella di un geometra napoletano deluso per amore. E chissà in futuro di quanti altri.