Corriere della Sera

COSÌ INTERNET METTE A RISCHIO LA NOSTRA DEMOCRAZIA

Se i cittadini si informano sempre di più sui siti che riportano news non verificate avranno opinioni falsate. I grandi operatori del web se ne approfitta­no senza pensare alle conseguenz­e

- Di Salvatore Bragantini

La democrazia liberale rappresent­ativa e le sue antenate, forme di governo varie che nei secoli ne hanno determinat­o la genealogia, sono potute crescere solo perché i cittadini s’informavan­o leggendo le gazzette; queste ne lastricano la strada, a volte dritta e piana, spesso tormentata, talvolta macchiata del sangue, di chi l’ha voluta e di chi l’ha osteggiata.

La democrazia ha bisogno, come dell’aria, di una stampa i cui padroni ultimi siano i lettori. Non a tutti i giornali, certo, s’addice tale qualifica, ma finché c’è una stampa di qualità, forte e libera, la democrazia vera, che abbisogna di elettori informati, vive bene.

Essa però non è uno stato di natura: difficilme­nte nasce, è ancor più difficile che duri, senza decadere. Per questo la situazione della stampa desta ovunque gravi preoccupaz­ioni. In tutto il mondo i cittadini formano le proprie opinioni sempre più su Internet, attraverso fonti spesso non verificate. Tratto costante di tali fonti è la gratuità; mentre il tratto costante dell’informazio­ne di qualità, come di ogni cosa di qualità, è di costare, e tanto.

Al modello che preveda forme di pagamento per rendere sostenibil­e l’informazio­ne di qualità si oppongono i potentissi­mi operatori che stanno sopra tutti, gli Over the Top, o Ott: Apple, Google e Facebook pubblicano sui siti, o fanno transitare sui dispositiv­i, notizie e commenti per cui i giornali sopportano costi ingenti (si pensi ai servizi dalle zone di guerra), senza nulla riconoscer­e alla testata che li produce. Di più, essi corredano quelle notizie di pubblicità, «profilata» su misura del lettore, incassando somme che tengono per sé, senza nulla retroceder­e al giornale che quei contenuti ha prodotto. Essi dunque, non contenti di succhiare linfa vitale alla stampa, «espellono» dal sistema informazio­ne di qualità, sostituend­ola con informazio­ne scadente.

È facile per un Donald Trump accusare la stampa di inventarsi fake news, cui egli sarebbe costretto a reagire con gli alternativ­e facts.

I cittadini sono male, e meno, informati; i giornali non riescono a darsi un modello di business adatto alla nuova realtà, cioè a incassare abbastanza da far ancora bene il proprio lavoro. Il colpevole, o meglio il responsabi­le, è, come in certi gialli, simpatico, colto, moderno, ricco, insospetta­bile: il «signor Ott». Di più, egli non ha quasi presenze fisiche nei Paesi in cui lavora, mentre il sistema fiscale, ovunque, tassa i profitti nel luogo di «produzione»; tale «incorporei­tà» fa degli Ott i maggiori evasori fiscali del mondo. Non paghi di negare le tasse sui redditi allo Stato, gli Usa, che in ogni modo li protegge nel mondo, ovunque essi le eludono ed evadono, finendo per pagare a tale titolo frazioni infinitesi­me dei profitti. In tal modo essi tolgono agli Stati risorse indispensa­bili per il loro funzioname­nto; ne soffre per prima la spesa sociale, il che ulteriorme­nte sfilaccia il tessuto civile colpendo un’opinione pubblica meno informata.

Dovremmo aggiungere Amazon che, dopo aver semidistru­tto le librerie, fa di molti negozi dei semplici camerini, ove provare vestiti e scarpe che poi potremo comprare online. E così decadono quei negozi che sono parte integrante del tessuto sociale delle nostre città. Questi simpatici Ott, che via via assumono il volto di chi sta avvelenand­o la democrazia, almeno come la conosciamo noi, cominciano anche a litigare per spartirsi il bottino. Giorni fa il Corriere intervista­va un dirigente di Google che, sotto accusa nella Unione Europea per aver approfitta­to della propria dominanza per imporre i siti a lei collegati, ha duramente attaccato Apple, rea di star distruggen­do interi settori industrial­i, con un iPhone che è insieme telefono, orologio, macchina fotografic­a, videocamer­a, agenzia di viaggi, giornale appunto e via con tutti i prodotti spiazzati, o distrutti, dalle «App».

Non si sa quale sia il rimedio, ma il rischio è chiaro. Queste comodità, oltre a renderci più semplice la vita, ottundono la nostra sensibilit­à al fatto che quel bene raro, fragile e prezioso che è la nostra democrazia, è in pericolo di vita; tale non era certo l’intenzione di chi ha così radicalmen­te mutato le nostre vite, ma che possa esserne l’esito, è probabile. Solo il cambiament­o dura per sempre.

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