Dalla borsa di Audrey alla 1972 «Adesso scommetto sui giovani»
Ardavast Serapian e i 45 anni nel laboratorio di Milano in via Jommelli «Da ragazzo passavo l’estate in azienda. Così ho imparato il mestiere»
Se vuoi tentare di rubare un milione di dollari, il farlo con grande stile può essere d’aiuto. Meglio ancora se hai l’accessorio giusto. Lo sapeva bene Audrey Hepburn, icona (vera) d’eleganza. Eccola prosciugata in un tailleur color corda, creato per lei da Hubert de Givenchy; al braccio una borsa bianca, dalle linee geometriche, realizzata «su misura» nell’atelier milanese di Serapian. Un’immagine di campagna? Assolutamente no. Bensì un frame dalla pellicola di William Wyler, «How to steal a million», in cui Hepburn interpreta la figlia di un falsario di opere d’arte: per necessità si trasforma in una ladra per evitare la galera al padre. Con quel look la fa franca e fa pure innamorare Peter O’Toole.
Correva l’anno 1966… E Serapian, cognome di origine armena, era già sinonimo di eccellenza artigianale made in Italy nel mondo, con le sue creazioni di alta pelletteria. Quell’immagine hollywoodiana rappresenta sviluppo e notorietà ottenuti nei due decenni precedenti. «Da quando mio padre Stepan (dopo essere giunto nel 1923 a Milano, lasciando l’Anatolia e passando per Aleppo, Corfù e Venezia: nel 2009 e 2011, proprio a Milano
e Venezia, l’apertura delle due prime boutique del marchio ndr) aveva dato vita ufficialmente nel 1945 al marchio Stefano Serapian; al suo fianco, come sempre, mia madre Gina, conosciuta nel 1938», ricorda Ardavast Serapian, presidente e amministratore delegato della griffe. I genitori coinvolgono in azienda Arda (questo il soprannome del figlio), sin da ragazzo. «Ho imparato tutti i segreti del mestiere e quelli legati alle più complesse lavorazioni dei pellami pregiati, trascorrendo parte delle mie vacanze estive (in realtà era un “invito” obbligato dei genitori ndr), al fianco degli artigiani nel laboratorio milanese di via Jommelli», prosegue. Si tratta del laboratorio dove sin dagli anni Quaranta nascono quelli che all’epoca venivano definiti «prodotti su ordine del cliente», in inglese l’oggi «metabolizzato» concetto di bespoke; invece la produzione delle collezioni avviene nella fabbrica di Varese, aperta nel 1970, trasformata e ampliata nel 2005: ne escono mensilmente oltre 10mila esclusivi pezzi.
Il cambiamento di rotta nella storia del marchio ha avuto luogo nel 1972: Arda è laureando
in Bocconi (1973) e ormai è parte integrante della vita dell’azienda: segue dal prodotto alla gestione amministrativa. Ma il 1972 è pure l’anno della scomparsa del padre. L’erede Serapian al fianco della madre e assieme alla moglie Ani inaugura un nuovo corso. «I grandi brand iniziavano a voler ampliare i loro articoli in pelletteria, così abbiamo cominciato a lavorare per loro: Cartier, l’apripista».
Anno cardine, contraddistinto pure dal lancio di un modello di borsa da donna di successo, la 1972. Modello riletto e riproposto ora per l’inverno 2017. «Otto ore di lavorazione e 15 passaggi per realizzarla — svela il presidente del marchio —. Ma ce ne vogliono 30 se lavoriamo coccodrillo o struzzo. Oltre alla lavorazione artigianale, qualità per noi è sinonimo di attenzione sin dalla scelta delle materie prime al più piccolo dettaglio nell’assemblaggio».
Il lancio della new edition della 1972 celebra i 45 anni di attività di Ardavast Serapian, alla guida dell’azienda di famiglia. Decenni durante i quali il suo laboratorio bespoke ha soddisfatto «tutte» le richieste. «Dal portagioie in cocco con 12 cassetti per la moglie di un ministro saudita alla valigia porta scarpe (solo 12 paia ndr) per il principe al-Thani del Qatar. La sfida di questo marchio, nato per creare il bello, sta anche nel tramandare l’esperienza artigianale tra le generazioni più giovani. Conciliare creatività e manualità, fantasia e concretezza. Non è facile. Oggi anche le nuove generazioni, però gradualmente, benché a fatica, stanno riscoprendo i valori di questo mondo e facendo propri i segreti di ciò che ci rende ancora unici».
La riedizione «8 ore di lavorazione e 15 passaggi per realizzarla, 30 se in coccodrillo o struzzo»