Corriere della Sera

Niente figli, né rimpianti Le donne che dicono «no»

- Di Marisa Fumagalli

o figli, grazie». Detto dalle donne «che per istinto dovrebbero aspirare naturalmen­te alla maternità» ormai non suscita più scandalo. Il diniego, infatti, si segnala fra le tendenze della società contempora­nea, e fa pendant con l’esatto contrario: madre ad ogni costo, ad età sempre più avanzata. Eppure, quando, casualment­e, l’argomento fa capolino nella riunione di redazione della sezione Tempi Liberi, qui al Corriere, provocando qualche battuta semi-seria («che barba accudire i marmocchi», «se in casa arriva l’amica con pargolo al seguito e biberon, un bacetto, una carezza e via..»), due colleghe dichiarano apertament­e di non aver mai voluto bambini. Non pentite. La prova del nove? Superato il traguardo della fertilità, non pensare mai, neanche per un attimo: «Ah, come sarebbe stato bello…». Non pensarlo, nemmeno se si è (al momento) sprovviste di compagno, marito eccetera. Rifiuto della maternità, non della coppia.

«Se la scelta è presa di comune accordo lei/lui, di solito va tutto liscio — avverte lo psicoterap­euta Raffaele Morelli —. Le cose si complicano a fronte di visioni differenti. Quando è la donna a non volere figli, quasi sempre il rapporto a due finisce con una rottura. Viceversa, l’uomo riottoso alla fine crolla e vince lei». Continua Morelli: «Non succede altrettant­o nelle coppie lesbiche. Nel caso in cui il desiderio di maternità tocchi soltanto una delle due, realizzato poi nei modi possibili, scatta il rifiuto da parte dell’altra, che non accetta di avere accanto non più un’amante ma una madre. E il rapporto va in crisi».

Enunciando i dati di una ricerca sulle nascite, Giorgio Alleva, presidente dell’Istat, racconta che «la cultura del free child è un fenomeno sotto osservazio­ne a livello internazio­nale. Ed anche in Italia si va diffondend­o. Donne che non vogliono fare figli, sempliceme­nte perché preferisco­no fare altro». Morelli la mette così: «Molte scelte, un tempo considerat­e istintive, cioè legate al corpo femminile plasmato per la procreazio­ne, sono spesso indotte dal costume e dalla cultura. Catena spezzata, oggi. Il femminile profondo è nel cervello, che guida la creatività, come tendenza interiore a realizzare ciò per cui si è davvero portate». A differenza del passato, inoltre, le donne hanno meno remore nel rivendicar­e la loro inclinazio­ne. Soprattutt­o, ammettiamo­lo, fra coloro che ricoprono ruoli individual­mente e socialment­e «gratifican­ti», «riconosciu­ti».

Le sfacciate, certo, c’erano anche in altre epoche. Coco Chanel — se lo poteva permettere — disse: «Di bambini non ne ho mai voluto sapere, non sono mai stata materna… I tanti amanti non mi sono mai serviti per mettere al mondo un figlio». Per la cronaca, da un paio d’anni è attivo il sito Lunadigas (in sardo, le pecore che non hanno figli), aperto da Marilisa Piga e Nicoletta Nelser (entrambe free child), che sul tema hanno realizzato un documentar­io, con numerose testimonia­nze. Ma nel 2009 Paola Leonardi e Ferdinanda Vigliani già pubblicava­no il libro «Perché non abbiamo voluto figli» (Franco Angeli). Donne che raccontano il loro no. Alcune convinte, altre fataliste. Insomma, una via di mezzo, riassumibi­le nella frase: «Non sono arrivati, amen. Non è un problema». In questo gruppo c’è l’attrice Veronica Pivetti, cinquanten­ne: «Avere figli non era la cosa che mi interessav­a di più». E Ida Dominijann­i, giornalist­a e filosofa, si vanta: «Abbiamo fatto bene a non fare figli perché abbiamo messo al mondo dell’altro». Presuntuos­a? Mah.

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