Corriere della Sera

Ma qui la bellezza brucia ogni sera in quella luce che accende l’orizzonte

- di Giovanni Montanaro

Il fuoco non se l’è mai portata via tutta, Venezia. Nonostante il legno, le case strette, le candele, le torce, i tessuti, i camini pieni di fuliggine. Quante volte è venuto, il fuoco. Si è preso la Basilica di San Marco, nel 976 e nel 1231; si è preso Palazzo Ducale nel 1483, 1573 e 1577. Si è preso dipinti di Carpaccio, Tiziano, Bellini. E poi vite, case, lacrime. Ogni volta, quando parte una fiamma, una scintilla, pare che voglia tutto, che non sappia saziarsi. Salta di tetto in tetto, e tante volte ha anche saltato l’acqua, il Canal Grande, pareva inarrestab­ile. È che poi, chissà perché, si ferma un po’, e tutto ricomincia. Il 29 gennaio 1996 c’era l’odore, che veniva dalle finestre, e le finestre chiuse, e qualche bagliore, e tanta tristezza, le sirene, la paura, la television­e, la radio, i telefoni fissi. La Fenice bruciava, pareva che Venezia dovesse finire. E invece, Venezia è ancora qui. La Fenice è ancora qui. Neanche l’acqua non se l’è mai portata via, Venezia. Ha scavalcato Lido e Pellestrin­a con un’onda del mare, qualche volta. È salita che non potevi più camminare. Ha roso tutto, con il suo sale, i muri, i libri, le porte, i vestiti, gli alberi. Ha cacciato la gente dalle case, ha piegato i commerci. Il 4 novembre 1966 ha assediato la città, senza scendere per ore e ore, rovesciand­o ogni logica della marea, e poi se n’è andata, senza dir nulla, lasciando tutto vuoto. L’11 settembre 1970 un tornado ha preso un motoscafo ACNIL, in mezzo alla laguna, ha fatto 21 morti. E oggi sempre più vengono giù tempeste improvvise, che paiono guerre. Ogni volta che viene l’acqua alta sono proprio le sirene che un tempo avvisavano dei bombardame­nti, ancora, a suonare, ad avvisare. Ma il fuoco è l’impeto, l’acqua no, l’acqua nostra è più lenta, più potente. Il fuoco è la rivoluzion­e, l’acqua è la legge. Fuoco, e acqua. Sono come bestie. Stanno qui. Minacciano. Ma poi aiutano. Amano. Si ammansisco­no. Il fuoco è buono. Il

fuoco purifica, il fuoco crea. Murano era una zona di orti, e le vetrerie finirono lì, nel 1292, per evitare che Venezia si incendiass­e troppo spesso. È il fuoco che fa il vetro, è il fuoco che fa la luce. L’Arsenale era la prima fabbrica del mondo, la più grande del mondo, i forni impazzivan­o, i forni facevano, cannoni, munizioni, navi. Il Ghetto in tutto il mondo si chiama così perché un tempo, in un campo diventato così famoso, c’erano le fonderie, e si gettava il piombo; il «getto», diventato «ghetto» per la pronuncia dei tedeschi askenaziti che vivevano lì. Venezia è sempre stata fuoco, fabbriche. Lo era nell’Ottocento industrial­e, tutto in laguna; c’erano cererie e fonderie, gli orologi della Junghans alla Giudecca e la Neville vicino alla stazione, che costruiva ponti e strutture. Poi, è venuta Marghera, le fucine spostate di là della laguna, al principio della terraferma. Ancora oggi, il fuoco viene da lì. Certe sere, ogni tanto, si accendono all’improvviso delle enormi torce degli impianti industrial­i, chimici, chissà cosa bruciano davvero. Il fuoco è buono. Il fuoco è cattivo. L’acqua è buona. L’acqua difende, protegge, l’acqua è il muro che Venezia non ha mai costruito, l’esercito che l’ha difesa. L’acqua porta le cose, scambia, scopre. L’acqua scompiglia, l’acqua non fa stagnare l’anima. L’acqua sono le navi, gli squeri dove si costruisco­no, i baci, i bagni, il sale. L’acqua serve, ogni tanto, andare a trovarla, capire che c’è, sentirsi piccoli, e grandi insieme. È che l’acqua è qui, silenziosa, come a dire che forse un giorno tornerà, salirà, si porterà via tutto. Fuoco, e acqua. Chi guarda Venezia non sempre la capisce. Venezia non è la più grande invenzione dell’uomo, ma della natura. Venezia è ancestrale. Venezia è naturale. Venezia è profumo; di bruciato, di salso. Venezia è l’acqua e la sete. Il fuoco e la cera. Ha qualcosa, Venezia, che non è Roma, non è Firenze, non è Parigi o Londra, perché più che una città pare una foresta, un monte, la conchiglia fatta dal mare. Ed è per questo, forse, che, in fondo, non è vero che il fuoco, l’acqua, non se la sono mai portata via. Venezia brucia ogni alba, ogni sera, quando pare una fiamma, e l’acqua la accoglie, la riflette, e il cielo si scotta, si cambia, e fa quei colori che non si sa da dove vengono, quei colori che ci sono solo qui.

Giovanni Montanaro (1983) è avvocato e scrittore. Il suo ultimo romanzo è Guardami negli occhi, per Feltrinell­i

Difesa naturale L’acqua difende, protegge, l’acqua è il muro che Venezia non ha mai costruito, l’esercito che l’ha difesa. E così non ha mai ceduto al fuoco

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