Trump, sei mesi (e otto licenziati)
La nomina del nuovo capo dello staff rafforza il gruppo di Mattis e McMaster, poi ci sono gli uomini della finanza Tensioni con il partito repubblicano e Pence dopo la bocciatura della versione «minimal» della riforma sanitaria
L’ultimo è stato Reince Priebus, il capo dello Staff. Otto licenziati da Trump in sei mesi.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Dalla Casa alla Caserma Bianca. Donald Trump chiede all’ex generale dei marines John Kelly di riportare ordine, nominandolo Capo dello staff: l’incarico meno visibile, ma, all’atto pratico, il più esposto. Kelly comincia da domani, occupando l’ufficio più vicino a quello di Trump, sgomberato, con i tempi di un’emergenza, dagli oggetti personali di Reince Priebus. Kelly lascia il ministero della Sicurezza interna e, secondo i giornali americani, potrebbe essere sostituito dal parlamentare repubblicano del Texas Michael McCaul, dal segretario di Stato del Kansas, Kris Kobach, oppure da Thomas Homan, direttore ad interim dell’agenzia per l’immigrazione.
Nelle ultime ore i media hanno raccontato i retroscena del licenziamento di Priebus,
«Lricostruendo nel dettaglio lo scontro con il nuovo arrivato, il capo della Comunicazione Anthony Scaramucci. Ma adesso nel Congresso e tra gli osservatori politici di Washington si guarda avanti, alle conseguenze politiche di questo cambio. Trump ha scaricato sull’ex Capo dello staff la responsabilità ei amava la loro vita a Wall Street, non il mondo malato di Washington»: ecco perché Deidre Ball, moglie del nuovo capo della Comunicazione della Casa Bianca, Anthony Scaramucci, avrebbe chiesto il divorzio dopo tre anni di matrimonio. Il sito Page Six racconta che la donna, ex Scaramucci con la moglie Deidre delle fughe di notizie riguardo al Russiagate e soprattutto al fallimento del dialogo con i parlamentari repubblicani. Priebus, uomo macchina del partito, non è stato in grado di convincere il gruppo dei dissidenti neanche a votare la versione più minimalista, «skinny», della riforma sanitaria. Naturalmente tutto ciò non dipendeva solo da Priebus. Venerdì sera, 28 luglio, Trump lo ha cacciato con un tweet, costringendolo a cercarsi un’altra auto nel corteo presidenziale, sotto la pioggia.
Ma la vera delusione, da questo punto di vista, è Mike Pence. Il vice di Trump è anche presidente del Senato. Giovedì 27 luglio ha cercato solo all’ultimo di convincere John McCain ad appoggiare la riforma. Quindici minuti di dialogo nell’aula, sotto gli occhi di tutti. Tentativo velleitario, chiaramente fuori tempo massimo. Secondo logica Trump avrebbe dovuto rimuovere anche Pence, ma sarebbe stata una decisione dirompente, difficile da reggere. Per il momento, quindi, esce Priebus con un segnale chiaro per l’establishment repubblicano: d’ora in poi la Casa Bianca diventa ancora più autarchica, autosufficiente.
Intorno allo Studio Ovale si concentreranno due gruppi di potere. Quello dei generali, appunto, con Kelly e il consigliere per la Sicurezza nazionale McMaster, in asse con un altro militare, il segretario alla Difesa, James Mattis. L’altro è il nucleo Goldman Sachs-Wall Street: Scaramucci, il consigliere per l’Economia Gary Cohn, in collegamento diretto con il ministro del Tesoro Steven Mnuchin e con quello del Commercio Wilbur Ross.
In mezzo si muovono due entità. Il clan familiare, con Ivanka Trump e Jared Kushner, sembra più al riparo, ma con un’influenza ridotta rispetto a qualche mese fa. Il consigliere strategico Steve Bannon appare, invece, senza alleati e piuttosto isolato. Si dice che potrebbe essere lui il prossimo della lista.