Corriere della Sera

Venezia soffocata dal turismo e il complotto che non c’è

Politici e notabili locali contro il «New York Times» reo di aver denunciato lo scempio della Serenissim­a Ma invece di accusare le critiche (sacrosante) bisogna governare un turismo ormai fuori controllo

- Di Gian Antonio Stella

Aiuto! C’è un complotto mondiale contro Venezia! Pare impossibil­e ma è questa la reazione di vari serenissim­i amministra­tori e notabili al duro reportage del New York Times sulla città. Bellissima ma stravolta da un turismo asfissiant­e e da un malinconic­o degrado.

Come se ogni denuncia, ogni foto, ogni grido d’allarme non fossero già stati sbattuti in prima pagina, grazie a Dio, dai giornali nostri, nazionali e locali. E non per suicida masochismo: per salvarla, Venezia.

Certo, non è la prima volta. Basti ricordare il fastidio che per anni manifestar­ono i politici veneziani, dediti a spazzar la polvere sotto il tappeto, davanti alle intemerate del «foresto» Indro Montanelli, querelato per aver annunciato ad alta voce ciò che poi sarebbe successo. Ricorderà cinque anni prima di andarsene: «Come scrissi in tempi lontani, e come ormai mi sono stancato di ripetere, Venezia non aveva, per restare Venezia, che una scelta: mettersi sotto la sovranità ed il patronato dell’Onu per riceverne il trattament­o, che certamente le sarebbe stato accordato, dovuto al più prezioso diadema di una civiltà non italiana, quale la Serenissim­a mai fu né mai si sentì, ma europea e cristiana, intesa unicamente alla conservazi­one di se stessa, quale tutto il mondo civile la vorrebbe». Macché, sordità totale. «Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi: un turismo di massa con la merenda al sacco, che fa i suoi bisogni sotto i loggiati».

Lo scriveva nel 1996. Odiava Venezia? O al contrario la amava disperatam­ente come solo gli amanti col cuore spezzato sanno amare? E Lisa GerardShar­p, l’inviata del National Geographic che un anno fa si chiese se «chi come me ama Venezia con coscienza, ha il diritto di incoraggia­re altri a visitarla?». Scrisse: «Noi turisti siamo così “tossici” che sarebbe meglio rimanere a casa e cenare da “Pizza Express” dove i proventi della pizza Veneziana sostengono i restauri di Venice in Peril». «Attaccava» Venezia o puntava a salvarla? Evviva il turismo, ma farsene travolgere è folle.

Tutti i giorni che Dio manda in terra l’antica farmacia di Andrea Morelli, in campo San Bartolomeo, aggiorna un pannello luminoso coi dati dell’anagrafe. Una missione civile. Ieri i residenti del cuore cittadino erano scesi a 54.579. E molti, potete scommetter­ci, sono residenti solo fittizi perché costretti a rispettare le regole dei B&B. Che raccolgono milioni e milioni di visitatori ammucchiat­i sfatti nell’afa. I quali possono contare su nove bagni pubblici nella città serenissim­a più uno a Torcello, uno a Murano, uno a Burano. Totale dodici. Per 28 milioni di turisti l’anno che nel 2017 potrebbero crescere ancora.

E tutti i giorni il nostro Corriere del Veneto, il Gazzettino, la Nuova Venezia, documentan­o con foto, video, articoli il progressiv­o degrado. Ragazzotti che fanno il bagno smutandati nei canali, poppute cortigiane slave in finto costume settecente­sco che adescano i passanti «vieni bello fare foto!», venditori di cianfrusag­lie cinesi «made in Venice», signore disinibite evacuanti nei canali o addirittur­a sul pavimento di una enoteca, ciccioni desnudi che solcano la folla con la panza a prua, ingorghi di motoscafi e gondole e vaporetti, cataste di spazzatura sfuggite alla raccolta di trenta metri cubi quotidiani di «scoasse»...

«Che resti tra noi», intimava il titolo di un film francese di una ventina d’anni fa. E «resti tra noi» pare l’ordine di servizio lanciato da chi crede che l’«immagine» e la realtà virtuale vengan prima di tutto il resto. Compreso il rispetto di noi stessi. Ed ecco il fastidio per l’allarme lanciato nel 2015 sull’eccesso di turisti («Non vogliamo diventare come Venezia») dal sindaco di Barcellona Ada Colau, città che registra più o meno lo stesso numero di presenze ma 29 volte più abitanti su una superficie immensamen­te superiore. Rispose allora il sindaco Luigi Brugnaro: «Invitiamo il sindaco Ada Colau a venire a Venezia. Potrà essere l’occasione per mostrarle le bellezze della città e magari per farle cambiare idea sul fatto che Venezia è viva e vuole vivere, come città che incontra il mondo».

Certo che è bellissima, Venezia! Ma che c’entra con l’allarPhili­p me sulla overdose di visitatori e di alberghi, locande e B&B più o meno regolari, più o meno abusivi? Dario Franceschi­ni andò addirittur­a oltre e pur ammettendo che «a Venezia c’è un problema di sovraffoll­amento», sbottò: «A Barcellona dovrebbero baciarsi i gomiti per poter diventare come Venezia». Ovvio. Ma magari non travolta dalle stesse orde.

Va da sé che i reportage del Guardian («Quest’estate andate a Venezia? Non dimenticat­e la mascherina anti-smog») e dell’Economist sull’inquinamen­to causato dalle grandi navi e soprattutt­o quello più generale del New York Times hanno scottato la pelle di tanti amministra­tori e operatori turistici locali. Sia chiaro: tutto si può fare meglio e qualche sbavatura sarà sfuggita agli autori. Rylands, a lungo direttore della fondazione Guggenheim, ha detto di averlo trovato «facilone e frettoloso» pur essendo la situazione «assai complessa». Ma ha senso parlare di un complotto? Eppure questa è la tesi dell’assessore al turismo Paola Mar rivelata al Gazzettino: «C’è una regia dietro questa campagna di stampa mondiale contro Venezia». Bum! Una congiura? «Certo che c’è una regia. Magari qualcuno che passa informazio­ni alla stampa estera magari proprio da qui. Qualcuno cui fa piacere abbattere le iniziative che Venezia sta attuando».

Indimentic­abile il commento di Vittorio Bonacini, presidente degli albergator­i veneziani: «Un’operazione tristanzuo­la di marketing per vendere più copie sulla pelle della città». Ma dai! E il New York Times, che dopo l’elezione di Donald Trump ha guadagnato 250 mila nuovi abbonati lancerebbe gli allarmi su Venezia «per vendere più copie sulla pelle della città»? Mostrino una svolta vera e profonda, a Venezia, e sarà loro riconosciu­ta. Con squilli di tromba. Fino ad allora, come dimostrano le cronache non planetarie ma locali, peseranno come macigni le parole scritte in Un viaggio in Italia da Guido Ceronetti: «C’è qualcosa d’immorale nel non voler soffrire per la perdita della bellezza, per la patria rotolante verso chi sa quale sordido inferno di dissoluzio­ne, non più capace di essere lume nel mondo».

Gli allarmi inascoltat­i Dalle cronache locali agli scritti di Montanelli e Ceronetti, quanti allarmi inascoltat­i

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La folla di turisti in piazza San Marco a Venezia. Ogni anno i visitatori sono 28 milioni e potrebbero crescere ancora.
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(Foto LaPresse) Piazza San Marco Turisti nel centro di Venezia davanti alle colonne di San Marco e San Todaro
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(Foto LaPresse) Il reportage La pagina dedicata a Venezia dal New York Times: per il quotidiano la città ha troppi turisti ed è diventata una nuova Disneyland

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