Ora dubita del voto anche Andrès, l’uomo della propaganda di Chávez
Giudici, deputati, politologi: crescono i critici nel fronte governativo
L’ultimo ad ammettere di «aver dubbi» è l’uomo della propaganda di Hugo Chávez, già duro e puro sulle meraviglie della «Revolución bonita». Andrès Izarra, giornalista, tre volte ministro e già capo di Telesur, la cosiddetta «Cnn bolivariana», ha scelto Twitter per far sapere che sì, quando è troppo è troppo. Quindi, cari compagni, le accuse di Smartmatic, la società informatica che ha denunciato la truffa nel voto di domenica scorsa, meritano attenzione. Si rivolge ancora ai suoi, perché «non pensate voi altri squallidi di contare su di me, mai!». Escualidos è come i chavisti chiamano da sempre gli oppositori in Venezuela. Izarra prende posizione, ha capito che Maduro potrebbe presto crollare, ma non salta il fosso. Per ora, si intende. L’ex ministro della propaganda — gli avversari lo chiamavano il Goebbels di Chávez — ha anche un problema di conflitto di interesse in famiglia. È sposato con Gabriela, figliastra di Antonio Ledezma, l’ex sindaco di Caracas arrestato quattro giorni fa, e rimesso in libertà ieri.
Proprio lo strano dietrofront su Ledezma ha fatto parlare nelle ultime ore di possibili brecce nel regime, davanti alle mosse sempre più estreme di Maduro. Per adesso un «chavismo dissidente» esiste, anche se non ha molte possibilità di cambiare il corso degli eventi: ci sono deputati, magistrati, politologi e qualche militare. Questi ultimi sono i più perseguitati. Il nome più noto, se n’è parlato parecchio, è quello di Luisa Ortega, la procuratrice generale della Repubblica. Ha tentato fino all’ultimo di opporsi all’Assemblea costituente e ora è la prima testa che il regime vorrebbe far saltare. Sta cercando una strada, in quel poco di legalità che è rimasto in Venezuela, per fermare il nuovo organismo. Nella Corte suprema, alla quale si sarebbe dovuta rivolgere, ci sono soltanto due giudici non allineati con il governo, troppo pochi. Ha scelto un’altra istanza, ma è un cammino praticamente impossibile.
Altro pentito è il marito della Ortega, il deputato German Ferrer. Insieme ai colleghi Eustoquio Contreras e Ivon Tellez, ha deciso una scissione dai chavisti nell’attuale Parlamento per fondare un gruppo autonomo, chiamato Blocco Socialista. «Uniti nella denuncia della frode costituente, ma restiamo chavisti e bolivariani — dicono — Quello che ci divide dal governo è la maniera di affrontare la crisi».
Nell’attuale Parlamento, condannato all’irrilevanza, non avranno molte possibilità di far sentire le proprie ragioni; in un futuro di pace, con un Venezuela tornato alla democrazia, magari sì. È quello che si augura anche il politologo Nicmer Evans, prima ideatore del movimento Marea Socialista, ora battitore libero. Evans era uno dei teorici del socialismo bolivariano nei primi anni di Chávez, poi si è gradualmente convertito nella coscienza critica della rivoluzione.
Qualcosa di simile è avvenuto con Jorge Giordani, un economista marxista entrato e uscito varie volte dai governi di Chavez. È stato responsabile di alcune delle scelte più insensate del regime, come le espropriazioni e la rottura con gli investitori stranieri, per poi dare la colpa del disastro a Maduro.
In generale la resistenza dei «chavisti non maduristi» è discreta, sotto traccia. Più rivolta a capire dove tirerà l’aria nel prossimo futuro, se ci sarà spazio per una sinistra democratica. Di tornare alle radici originarie del chavismo si parla, ma senza troppa convinzione. D’altronde la tragedia economica e democratica in corso è figlia più che legittima delle scelte del «Comandante eterno».
Il tweet L’ex ministro avverte però l’opposizione: «Non pensate di contare su di me, mai!»