Il giallo dell’ex primario scomparso in mare
Napoli, aveva 90 anni. I suoi due amici si salvarono, ora si indaga per naufragio colposo
NAPOLI La Secca delle Vedove è un tratto di mare tra Ischia e Capri. Dal nome si comprende che lì c’è qualcosa di sinistro, ma i pescatori vi fanno regolarmente rotta perché le pezzogne che si incontrano da quelle parti è difficile trovarle altrove. Il 13 luglio scorso vi aveva puntato anche l’equipaggio dell’Again, un nove metri preso a noleggio a Nisida dal novantenne primario napoletano in pensione Silvio Iodice, dal suo amico Vincenzo Solano (70 anni) e da Danilo Piscopo, molto più giovane degli altri due (29 anni) e unico pescatore professionista a bordo. Ma Iodice, così come anche Solano, non era affatto uno sprovveduto. La passione per il mare e la pesca lo accompagnava sin da giovane, e lui non aveva mai smesso di coltivarla, né quando dirigeva il reparto di Otorinolaringoiatria del Cardarelli né dopo la pensione. Anzi, forse vi si era dedicato ancora di più.
E in quel mare che tanto amava Iodice è morto. Annegato quando l’imbarcazione improvvisamente è colata a picco, tanto velocemente da non consentire ai naufraghi nemmeno di lanciare l’Sos. I suoi due compagni di pesca sono riusciti a salvarsi, e ora è dalle loro testimonianze che il pm della Procura di Napoli Emilia Galante Sorrentino parte per cercare di ricostruire che cosa accadde quel 13 luglio alla Secca delle Vedove.
Nel tardo pomeriggio la battuta era ormai finita, e l’Again stava per fare rotta di nuovo verso Nisida. Piscopo aveva anche avvertito telefonicamente il padre, confermandogli che stavano rientrando. In un’ora o poco più sarebbero dovuti arrivare, invece niente. Spariti e irreperibili. E rimasero irreperibili per quasi ventiquattr’ore, perché solo intorno alle 16.30 del giorno successivo un elicottero della polizia avvistò due dei tre dell’equipaggio aggrappati ad alcuni relitti della barca.
Piscopo e Solano spiegarono sin da subito quello che riuscirono a ricordare: il motore che improvvisamente non dà più segni di funzionamento, lo scafo che comincia a imbarcare acqua fino quasi a ribaltarsi per poi sparire verso uno dei fondali più profondi dell’intero golfo di Napoli. Nella testimonianza rilasciata successivamente al pm il loro racconto si è arricchito di qualche particolare, mentre altri dettagli sono apparsi più sfumati. Da parte di entrambi, però, assolutamente nessuna reticenza, ed eventuali discordanze tra l’iniziale deposizione e quella successiva sono da attribuire soltanto allo stato psicofisico in cui entrambi si trovavano quando hanno ricostruito i fatti per la prima volta. Un punto, però, è confermato completamente: Iodice fu l’ultimo a lasciare l’Again, e sulle prime i suoi amici lo videro reggersi a galla poco distante da loro. Poi è scomparso: forse dopo alcune ore, forse prima. Difficile che in quelle condizioni i naufraghi possano aver mantenuto la cognizione del tempo.
Nel fascicolo aperto in Procura il reato ipotizzato è di naufragio colposo, mentre non si parla di omicidio colposo perché il corpo di Iodice non è stato ancora trovato. Così come non è stato recuperato il relitto. E senza quello non si potrà mai capire cosa ne ha provocato l’affondamento.