Corriere della Sera

La scienza in campo contro il tacco 12 (ma il suo fascino rimane intatto)

«Certo il legame con lesioni e guai muscolari»

- di Daniela Monti

«Edavvero non so che cosa le mie tette abbiano a che fare con questo. Tutto ciò mi confonde, sono sempliceme­nte sbalordita». Ecco: sostituite alla parola «tette» la parola «tacchi» e avrete una nuova versione dello sfogo che Emma Watson — femminista della quarta ondata, quella del femminismo inclusivo, collaborat­ivo, che manda in soffitta la guerra dei sessi — fece all’indomani delle polemiche per certe sue foto poco castigate. L’avessero criticata per lo stiletto — «una vera femminista non lo porta!» — avrebbe risposto certamente così: non so che cosa i miei tacchi abbiano a che fare con questo.

Ciascuna faccia ciò che vuole. Libere di essere, di pensare, di portare un tacco 12 o di non portarlo. Discorso chiuso. E invece non è così semplice. Perché 1) ci sono situazioni in cui non si può scegliere se scendere dai tacchi o starci sopra. Nicola Thorp, per esempio, centralini­sta britannica: quando si è presentata al lavoro rasoterra è stata licenziata. La divisa imponeva tacchi dai 5 ai 10 centimetri (oltre a collant non opachi, capelli senza ricrescita, trucco curato). In Gran Bretagna la sua storia è arrivata in Parlamento, ma l’invito a introdurre una legge che vieti l’imposizion­e dei tacchi è stato respinto; 2) ora anche la scienza è contro lo stiletto: è dimostrato che è all’origine di tutta una serie di patologie muscolo-scheletric­he, ragazze siete avvisate.

La ricerca viene dall’Università di Aberdeen. Un’ampia revisione di studi ha portato alla conclusion­e che «esiste una correlazio­ne tra tacchi alti e problemi fisici come borsiti, dolori muscolari e lesioni. Non è stato invece dimostrato un legame con l’osteoartro­si».

«Non stiamo cercando di dire a nessuno se deve o non deve indossare i tacchi», ha messo le mani avanti Heather Morgan, del team di ricerca. Lo scopo dell’intera operazione è un altro: fare pressione perché non possa più accadere un caso Nicola Thorp. «Il governo britannico — ha spiegato Max Barnish dell’università — dovrebbe seguire l’esempio di altri che hanno introdotto leggi per vietare l’obbligo dei tacchi piuttosto che basarsi sulla legislazio­ne esistente, che ha lasciato la situazione incerta e aperta a interpreta­zioni errate». Altri come la provincia canadese della Columbia britannica, per esempio, che ha modificato la legislazio­ne per proibire che i datori di lavoro richiedano

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