Corriere della Sera

L’hacker buono che aiutò l’Fbi finisce in cella

- Di Martina Pennisi

«Bevo sull’aeroplano perché l’unica cosa migliore del jet lag è il jet lag con il post sbornia». Sono passate da poco le 22 del 2 agosto. Marcus Hutchins scherza su Twitter. Ha 23 anni, sta per prendere un volo per tornare nel Regno Unito. Sorriso aperto, capelli ricci e disordinat­i, sta partendo da Las Vegas, dove ha seguito le conferenze di hacking Black Hat e Def Con. Anche lui è noto come hacker. Di quelli «buoni», che dedicano «un’enormità di tempo» a sventare gli attacchi. In maggio ha fermato WannaCry, malware che ha messo in ginocchio i pc di mezzo mondo. Lo sta ribadendo sua mamma, Janet Hutchins. Angosciati­ssima: prima di salire sull’aereo, Marcus è stato arrestato dall’Fbi per aver creato e distribuit­o «Kronos», trojan attivo dal 2014 con furti di credenzial­i bancarie. È coinvolta un’altra persona, di cui non è stata resa nota l’identità. Non si sa molto di più. E la matassa è intricata e degna di una serie tv. C’è anche un morto, in luglio, dopo due settimane di detenzione in Thailandia: il 25enne Alexandre Cazes. Era stato arrestato per aver fondato il sito AlphaBay, un mercato nero di droga e virus sul quale il co-imputato di Hutchins aveva pubblicizz­ato «Kronos». Hutchins stesso, in realtà, cita il trojan in un tweet del 2014. Lo stava analizzand­o ed è finito nel mirino dell’Fbi? Il quesito rimbalza in Rete, mentre l’esperto Orin Kerr si domanda sul Washington Post se sia giusto incriminar­e per la sola scrittura e vendita di malware. C’è poi chi sottolinea i presunti legami fra «Kronos» e Mosca. Secondo l’avvocato Tor Ekeland, Hutchins, chiamato a comparire davanti a una corte del Nevada, rischia tra i5 e i 10 anni di carcere.

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Fenomeno Marcus Hutchins

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