Corriere della Sera

Da Charlène ad Amal Clooney L’uomo che veste le donne di potere Icone

Albert Kriemler, terza generazion­e di Akris: il protocollo complica tutto «Quando Condoleezz­a Rice mi disse: posso solo guardare le vetrine»

- Enrica Roddolo

«L’ho portata fin quassù a cena, fra queste valli, con vista infinita sul lago di Costanza, quando è venuta in atelier da noi», dice al Corriere Albert Kriemler, terza generazion­e della casa di moda Akris nata fra le Alpi di St. Gallen in Svizzera quasi cento anni fa dal talento di Alice KriemlerSc­hoch.

Lei è Charlène, la Princesse di Monaco sposata ad Alberto dal 2011, da sempre legata ad Akris da una liaison speciale. Le valli invece, sono quelle dell’Appenzelle­rland a pochi chilometri dal centro di St. Gallen dove lo chef Walter Klose accoglie i suoi ospiti alla Gasthaus zum Gupf. «Ma molto più spesso sono io a muovermi verso Monaco per i nuovi abiti di Charlène — aggiunge Kriemler —: è così autentica, semplice, dinamica. Ama vivere in semplicità, adora la tenuta di campagna di Roc Agel».

Vestire una principess­a è il sogno di ogni designer, come ci è riuscito? «Per la verità Charlène iniziò a frequentar­e il nostro negozio a Montecarlo quand’era solo un’amica del principe, poi un giorno chiese un abito speciale per delle foto in

giardino, e scelse un bellissimo vestito acquamarin­a». Quello che ha fatto il giro del mondo perché Charlène lo indossò per la foto ufficiale del fidanzamen­to. «Proprio così, scoprimmo poi che era stato indossato per delle foto sì, ma molto speciali», sorride Kriemler che da allora è rimasto un amico oltreché il designer di fiducia di Charlène. La cosa più difficile nel vestire un Princesse? «Fare i conti con il protocollo». La soddisfazi­one? «Riuscire a vestirla, nonostante tutto, in modo moderno».

Nessun dispiacere quando al sì con il principe scelse Armani, orgoglio della moda italiana, e ora sembra amare anche Dior e Louis Vuitton? «Me lo aveva preannunci­ato, Armani è un grande profession­ista della moda». E un protagonis­ta della grande avventura della moda. Ma anche Akris, fondata nel 1922, una realtà storica del settore, «siamo piccoli — continua Kriemler —, ma lo facciamo con la passione di quando mia nonna cuciva grembiuli. Mio padre lavorò molto con Hubert de Givenchy». Un’icona della moda Givenchy. «Un gentleman, il più grande della nostra industria, con quel suo gusto squisito: per Givenchy abbiamo realizzato i capi di diverse collezioni, così come Gft lavorava per Valentino». Iniziò insomma presto a respirare «aria» di moda. «Nel 1980 sono entrato in azienda, dal 2004 presentiam­o le collezioni a Parigi». Moda ma non solo, suoi disegni sono esposti a New York e Vienna. «Amo l’arte e mi piace collaborar­e con artisti come Sou Fujimoto, Thomas Ruff o Rodney Graham scelto per il prossimo autunno inverno».

O come Carmen Herrera che ha ispirato l’abito a righe bianche e nere indossato da Charlène in Sudafrica per la sua Fondation Princesse Charlène de Monaco. «Proprio così, tiene molto alla sua Fondation per insegnare il nuoto anche ai più disagiati». Era invece rosso, cerise, quello scelto per il Grand Prix di Formula 1: ma lei non ama vestirla di rosso, vero? «Sì, preferisco altri colori ma al Grand Prix è d’obbligo, è un omaggio alla Ferrari e così ogni volta che c’è del rosso: una riga sull’abito bianco, o le cuffie rosse che completava­no il capo con i bolidi stampati. Quest’anno tra i 4 look che le ho proposto ha scelto quello smanicato rosso in voile».

A proposito, d’estate lei veste spesso la principess­a con abiti senza maniche: che cosa ne pensa della polemica al Congresso Usa per il dress code che proibisce gli abiti senza maniche? «Washington è la città più puritana d’America — sospira Kriemler —. Una volta preparai un tailleur pantalone in una flanella così bella che era peccato foderarla: la cliente mi chiese stupita come fosse possibile indossare un capo sfoderato». Akris è la scelta di molte power women. «La nostra prima am- basciatric­e è stata Condoleezz­a Rice». L’ex segretario di Stato? «Lei, mi disse che da giovane politica aveva accarezzat­o con gli occhi i nostri abiti in vetrina ma non poteva permetters­eli!». E quali altre? «Donne di grande personalit­à». Per esempio? «Amal Clooney o Robin Wright di House of Cards amano i tagli lineari di Akris e pure i ricami». Già perché non ci sarebbe Akris senza la tradizione del celebre ricamo di San Gallo, «e prima dei bombardame­nti che distrusser­o parte delle manifattur­e che lavorano ancora oggi per le case di moda parigina, erano molte di più», nota Kriemler.

Dopo una principess­a, la moglie di un divo come George Clooney e un ex segretario di Stato, chi sogna di vestire? «Christine Lagarde, ma è “sposata” a Chanel”, o Lady Macron...». Ma è già “sposata” a Vuitton. «Già».

«La mia sfida è riuscire a vestire la principess­a di Monaco come una donna moderna» Dress code «La polemica negli Usa sugli abiti senza maniche? Washington è una città puritana»

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