Mo Farah, 10 mila metri di classe Bolt pronto a chiudere il sipario
Lo stadio si esalta e applaude il britannico che conquista il 3° oro iridato consecutivo
ad aver affilato la resistenza da somalo del mezzofondista inglese. Quando faceva il maratoneta, Salazar si allenava in garage con il motore della macchina acceso per abituarsi all’inquinamento, è stato tra i primi a usare la camera iperbarica, a dormire sotto la tenda ipossica, a prendere il Prozac come sostegno all’allenamento. Mo, che l’ha sempre difeso, ha bandito l’argomento dal suo vocabolario. Ieri sera, giocoforza, è tornato a parlare con la stampa inglese: «Amo questo stadio, dove vinsi l’oro olimpico. Grazie per il tifo. Sono fiero di essere inglese».
Bolt è in sesta batteria contro mezza Europa: il francese Vicaut e l’inglese Desalou tentano la Brexit del migliore, che non tradisce. Passa in semifinale in 10’’07, scuotendo il pizzetto per il disappunto («I peggiori blocchi della mia vita: uscendo, sono quasi inciampato. Male, male. Devono fissarli meglio, traballano, così non va...»). Un film già visto come i buuu che rabbuiano la notte di Justin Gatlin (10’’05): la falsa di Roto è un
Usain il lampo Tra un sorriso e una smorfia vince la sua batteria e stasera insegue l’ultimo trionfo
batticuore imprevisto ma a turbare il reprobo (4 anni di squalifica per testosterone) è l’ostilità dello stadio olimpico, invece così comprensivo con Farah. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Il tempo migliore di qualificazione è del giamaicano che non ti aspetti, Julian Forte (9’’99), due centesimi più veloce dell’americano Christian Coleman, 21 anni, campione universitario in cima alle liste stagionali (9’’82), l’underdog che sogna di riscrivere il film americano.
Stasera, dopo le semi, l’ultimo sprint di Bolt sui 100. Let it be, d’accordo, però è durissima.