Ritratto di Piero Ottone, il fascino del giornalismo anglosassone
Rai Storia ha dedicato un ritratto a Piero Ottone (1924-2017), che è stato direttore del Corriere della Sera dal ’72 al ’77: Il giornalista gentleman di Pierluigi Castellano (giovedì, ore 19.55). I reperti Rai sono sempre pieni di sorprese. Non tanto nel raccontare attraverso le immagini i concetti chiave che hanno guidato la carriera giornalistica di Ottone: i fatti separati dalle opinioni, le domande chiare e dirette, il fascino del giornalismo anglosassone, la direzione di un giornale come «monarchia costituzionale» e non più come «monarchia assoluta» (un’amabile bugia per giustificare il clima di collettivismo di quegli anni stolti).No, i reperti Rai hanno un inconscio, o s’illudono di farci intravedere quello dei protagonisti.
Intanto a Ottone non dispiaceva andare in tv: ne sono testimonianza le interviste rilasciate al Tg2 Dossier o le partecipazioni ai programmi di Enzo Siciliano, Maurizio Costanzo, Giordano Bruno Guerri, Raffaella Carrà, Guido Davico Bonino, Arnaldo Bagnasco, Dacia Maraini, Corrado Augias. Ci sono due fantasmi che hanno accompagnato la vita professionale di Ottone. Il primo è il concetto di obiettività (l’obiettività come approssimazione alla verità, garantita dall’idea di servire il lettore come unico padrone, paradossale boutade del «nemico» Montanelli!), a partire da una famosa disputa con Umberto Eco che sosteneva invece l’impossibilità per il cronista di rinunciare al proprio punto di vista: valga per sempre la regola che i giornalisti sono dipendenti. La loro indipendenza è un tratto del carattere, se c’è c’è e se non c’è non c’è. Il secondo è l’uscita dal Corriere. La sua elegante risposta è sempre stata questa: «Semplicemente, ritenevo chiusa la mia esperienza». E il fatto che la sua uscita sia coincisa con l’entrata in via Solferino di soldi poco chiari, legati alla P2, lo si può solo vaticinare dai tratti del volto, dai mezzi sorrisi, dai discorsi sull’incanto del mare.