Corriere della Sera

DANNOSI INTERESSI DI PARTE

- Di Mario Monti

Donald Trump, esclamando più volte «America first!» nel suo discorso inaugurale, ha eretto a principio guida dell’intera politica americana l’interesse nazionale. A fine luglio il governo di Emmanuel Macron ha annunciato la nazionaliz­zazione dei cantieri di Saint-Nazaire per forzare una modifica, nell’interesse nazionale francese, di accordi già conclusi con Fincantier­i.

Gli interessi nazionali non sono mai stati assenti dalle decisioni di politica estera e della difesa ma anche di strategia economica e industrial­e. Però da molti anni ciò avveniva con un certo pudore. I maggiori Paesi considerav­ano di interesse comune una maggiore apertura agli scambi e agli investimen­ti, in vista di una governance condivisa della globalizza­zione. Inoltre, quelli europei aspiravano ad una più stretta integrazio­ne anche industrial­e. Ora invece Trump e perfino Macron, campione di europeismo nel programma su cui è stato eletto, invocano i rispettivi interessi nazionali in modo conclamato, quasi avessero accordato le trombe mentre insieme assistevan­o il 14 luglio alla parata militare sugli Champs-Elysées.

Nell’editoriale del 3 agosto Ferruccio de Bortoli, partendo dal caso Fincantier­i, ha svelato con precisione endoscopic­a i «veri e falsi interessi nazionali». È un’operazione utile, che serve ad evitare presso l’opinione pubblica sia la negazione di reali e legittimi interessi nazionali, sia il facile accendersi di emozioni.

Tali emozioni – positive in quanto legate alla «nazione», che già a scuola si impara, spero tuttora, a rispettare e amare – potrebbero però accendersi su battaglie che magari tutelano interessi particolar­i, a volte legittimi, ma da non confonders­i con veri interessi del Paese.

Nell’intervento francese probabilme­nte non vi è nulla di anti-italiano. Forse non vi è neppure la tutela di un vero interesse nazionale francese. Magari Macron, per fronteggia­re il calo di consensi subìto ancor prima delle dure decisioni che lo attendono sul bilancio e le riforme, abbia voluto farsi un gruzzolo di simpatia. Simpatia generica, perché oggi le opinioni pubbliche apprezzano i governi che dicono di battersi per un interesse nazionale; e anche, alla vigilia di probabili scontri sulla riforma del lavoro, simpatia specifica con i sindacati, che ritengono più tutelata l’occupazion­e se un’impresa è in mano allo Stato.

Paradossal­mente, in Italia dobbiamo augurarci che l’atteggiame­nto della Francia sia più una guasconeri­a — da contrastar­si se del caso con un esposto alla Commission­e europea — che un segno di debolezza. Infatti, se Macron fosse già debole difficilme­nte potremmo aspettarci quel passo veloce di riduzione del disavanzo e di riforme struttural­i che è indispensa­bile non solo per la Francia, ma anche per indurre la Germania ad impegnarsi davvero in politiche europee più lungimiran­ti, nell’interesse dell’Europa, Italia compresa.

Meglio sudare un po’ per una battaglia navale contro un Macron forte — ricordando­gli en passant che neppure alla Francia è consentito violare il diritto europeo — ma poter contare sulla sua forza per conseguire, in dialettica con la cancellier­a Merkel, il comune obiettivo strategico di un’Unione Europea e di un’Eurozona più solide e orientate alla crescita.

La probabilit­à che tale risultato venga effettivam­ente raggiunto dipenderà in primo luogo da Germania e Francia. Ma ciò che nel frattempo il governo italiano farà e dirà potrà accrescere o ridurre tale probabilit­à. È importante che il premier Gentiloni e il suo governo, oltre a restare il più possibile in contatto con il dialogo che si svolge tra Berlino e Parigi, prenda le distanze da quanti nella maggioranz­a e nelle opposizion­i si levano a sostegno di un falso interesse nazionale: secondo il quale gioverebbe all’Italia, anche per combattere una non meglio precisata «austerità», effettuare in disavanzo spesa pubblica corrente e trasferime­nti, invece di limitare il disavanzo (corretto per il ciclo economico) agli investimen­ti pubblici. Anche nel caso dell’Italia, l’attenta sorveglian­za della stampa e dell’opinione pubblica aiuterà il governo a cogliere, e a far valere, la distinzion­e tra veri interessi nazionali e interessi politici di parte perseguiti a danno degli italiani, soprattutt­o degli italiani che verranno.

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