Ricco e spietato, condannato il manager dei farmaci
Incastrato per frode Shkreli. Aveva alzato di più del 5.000% il prezzo di un salvavita
Si era guadagnato la fama di uomo più odiato d’America comprando un’azienda farmaceutica che produceva un medicinale inserito dall’Oms tra i salvavita, il Daraprim (essenziale contro la toxoplasmosi, ma usato anche contro la malaria e nei cocktail anti-Aids) e moltiplicandone da un giorno all’altro il prezzo in modo assurdo: da 13 a 750 dollari per ogni pillola. Odioso ma legale. Era il settembre 2015. Tre mesi dopo l’Fbi l’ha arrestato con un’accusa completamente diversa: frodi finanziarie in altre società da lui possedute. Dopo lunghe indagini e un processo, l’altra sera Martin Shkreli, questo ancor giovane avventuriero della finanza e dell’industria farmaceutica, è stato condannato a una pena detentiva che verrà fissata in autunno ma sarà comunque lunga. I tre capi d’imputazione per i quali è stato condannato (su 8 complessivi) prevedono una detenzione massima rispettivamente di 20, 20 e 5 anni.
Geniale, spietato e immaturo, questo ragazzo figlio di albanesi nato a Coney Island e cresciuto a Brooklyn, si era dimostrato brillante e spregiudicato prima come dipendente di varie finanziarie, poi mettendosi in proprio nel mondo degli «hedge fund». Tra le sue tecniche preferite: scommettere al ribasso su un’azienda farmaceutica e poi attaccarla con «tweet» anonimi e infamanti. Con un «expertise» tutto concentrato sulle aziende «biotech» e sui medicinali, Shkreli era finito sotto i riflettori già quando aveva comprato un farmaco, il Thiola, moltiplicandone all’improvviso di 20 volte il prezzo: da 1,5 a 30 dollari per ogni pillola. Messo alla porta dal suo stesso consiglio d’amministrazione, Martin aveva creato altre imprese e col Daraprim ha ripetuto il suo schema.
Odiato, ma anche osservato con interesse per la sua interpretazione estrema del capitalismo: aveva comprato un vecchio farmaco (esiste dal 1953) col brevetto scaduto ma senza concorrenti generici perché nessuno aveva ritenuto di entrare sul mercato a un prezzo così basso. Shkreli ha calcolato che, alzandolo, altri sarebbero entrati, ma prima di formulare un nuovo medicinale, ottenere l’autorizzazione dell’Fda e avviare la produzione, sarebbero passati anni. E lui avrebbe fatto soldi a palate.
Così non solo è andato avanti ignorando tutti gli attacchi compresi quelli dei principali candidati alla Casa Bianca, da Hillary Clinton a Donald Trump passando per Bernie Sanders, ma ha assunto un atteggiamento insultante e provocatorio. Obbligato con un mandato a comparire davanti al Congresso, si è presentato ma ha fatto scena muta. Poi, appena uscito, ha commentato in un tweet: «Difficile da credere che questi imbecilli rappresentino il popolo americano». E a Trump che lo criticava: «Zitto tu che sfrutti le fortune di famiglia. Io, almeno, mi sono fatto da solo».
La giustizia Usa l’ha trattato come Al Capone. Non è riuscita a incastrarlo sul suo atto più dannoso dal punto di vista sociale, ma, sguinzagliando i detective dell’Fbi, ha messo poco a scoprire altre fattispecie di reato commesse nella sua attività finanziaria: truffe ai danni di due suoi «hedge fund», Msmb e Msmb Health, e di una società farmaceutica da lui fondata, la Retrophin. Reati seri, ma non molto diversi da quelli commessi da tante altre società di Wall Street che se la sono cavata con meno, dicono in molti: Shkreli sarebbe, insomma, stato punito in modo esemplare soprattutto per la sua visibilità, i comportamenti odiosi e anche una certa tendenza a non nascondere mai la mano con la quale tira il sasso.
Qualcuno ha, così, maturato una specie di ammirazione per Shkreli: vede in lui un’incarnazione del capitalismo senza freni e la spia dei danni che ne possono derivare. Martin, intanto, resta spavaldo anche dopo la condanna. Ancora a piede libero, ieri twittava dalla sua casa di Manhattan: «In un certo senso sono soddisfatto: hanno organizzato una gigantesca caccia alle streghe e alla fine hanno trovato solo un paio di manici di scopa».