Aprì ai divorziati accanto a Francesco
Tettamanzi sostenitore di Francesco sull’apertura ai divorziati risposati: lo è stato senza fare rumore, com’era suo costume, ma con riconosciuta efficacia nella Chiesa italiana. Per l’arcivescovo emerito di Milano l’esortazione «Amoris laetitia» di Papa Bergoglio — pomo di discordia per tanti — era un documento «chiaro e chiarificatore», da accogliere con gratitudine. Ne lodava il «procedere rigoroso e semplice» e il «linguaggio originale, quasi popolare». Invitava a «comprendere» quella nuova lingua «magisteriale e pastorale» all’interno dello «sforzo sempre rinnovato della Chiesa nel porre in primo piano la formazione delle coscienze e il cammino di ciascuna persona». Quanto ai passaggi più contestati del documento, riguardanti la possibilità di ammettere ai sacramenti — in casi particolari — i divorziati risposati, Tettamanzi affermava con la sicurezza del «teologo morale» qual era per formazione, che essi «in realtà sono pienamente coerenti con la dottrina tradizionale della Chiesa». Queste argomentazioni si trovano nel volumetto che Tettamanzi ha pubblicato l’anno scorso con il cardinale Antonelli intitolato «Per vivere l’Amoris laetitia» (Edizioni Ares). La valutazione serena e colta di Tettamanzi è stata di aiuto ai due arcivescovi milanesi suoi successori — cioè al cardinale Scola e al neonominato Delpini — nella definizione di un atteggiamento di prudente ma schietta accoglienza delle novità introdotte da Francesco. La partecipazione di Tettamanzi ai due sinodi sulla famiglia (2014 e 2015) e la «Lettera agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione» che aveva scritto nel 2008 costituivano il fondamento della sua autorità in materia.