La vicenda
Dopo una settimana Herba l’ha poi liberata sostenendo che era la persona sbagliata e l’ha riportata a Milano il nome né l’agenzia destinataria della prima richiesta di riscatto, racconta ai poliziotti della Squadra Mobile e dello Sco, coordinati dai pm Ilda Boccassini e Paolo Storari, e al suo avvocato Francesco Pesce, di aver percepito cinque sequestratori nei vari giorni, ma di averne visti solo due, a partire dal viaggio di quasi tre ore nel bagagliaio di una station wagon verso un casolare di montagna a Lemie (frazione torinese di Borgial, verso il confine con la Francia), ieri riconosciuto in un sopralluogo. Tre soste ogni circa 45 minuti Il carceriere Mi spiegava che i clienti arabi quando perdono interesse per le ragazze le gettano alle tigri «a causa dei miei continui lamenti e movimenti nel sacco», con uno degli incappucciati che da una bottiglia le butta «acqua gasata direttamente nella bocca».
Segregata nel casolare
Nel casolare «i due mi hanno agganciato le manette dei piedi e delle mani alla cassettiera, ero costretta a restare sul pavimento in un sacco a pelo». E qui comincia la parte meno chiarita della vicenda, che incrocia l’anticipato (pur condizionato) rilascio della donna con il rebus delle aste online di ragazze rapite dalla «Black Death», l’organizzazione criminale sul web «profondo» scandagliata nel 2016 da un rapporto Europol ma su materiali che ora la Procura milanese scopre prodotti proprio dai computer del polacco arrestato il 17 luglio mentre, lasciando andare l’ostaggio, la riaccompagnava vicino al consolato.
«Dopo qualche minuto è risalito nella camera un uomo a viso scoperto» (il polacco, ndr) «e mi ha detto in inglese che nel frattempo al telefono il loro capo era furioso in quanto loro avevano preso la persona sbagliata. Io non dovevo essere presa perché il capo aveva visto sul mio profilo Instagram alcune foto da cui era evidente che io sono una mamma con un bambino piccolo, e questo era contro le regole dell’organizzazione che sul deep web tratta a pagamento una serie di crimini, dalla droga agli omicidi: per le ragazze rapite la cifra di asta partirebbe da 300.000 dollari» Il borsone Nella simulazione della polizia, un’agente chiusa nel borsone in cui è stata trasportata la modella inglese di 20 anni drogata e sequestrata
in grado di fornire 50.000 euro entro un mese» dal rilascio, «cosa che io ho fatto».
L’arrestato — rimarcano ora il pm Storari e il capo della Squadra Mobile Bucossi — è «un soggetto pericoloso che presenta aspetti di mitomania», fino a dirsi disponibile a «soluzioni finali» (cioè a fare il killer a pagamento): un mix devastante se in concreto ad esempio droga una ragazza con la ketamina o rischia di farla soffocare nel bagagliaio. «Mi ha detto — racconta la giovane — che solo lui negli ultimi 5 anni aveva guadagnato oltre 15 milioni di euro. Mi ha spiegato che tutte le ragazze sono destinate ai Paesi arabi, che quando l’acquirente si è stancato della ragazza comprata all’asta la può regalare ad altre persone, e che quando non è più di interesse viene data “in pasto alle tigri”».