Brody: ho un futuro da regista
«C’è pop e pop». A fare la distinzione è Francesco Bianconi, mente e voce dei Baustelle. Loro sono una band che non è pop nelle intenzioni, non scrivono canzoni con l’obiettivo di diventare il tormentone del momento, ma è pop nei risultati perché la loro musica non è cerebrale. «La musica leggera italiana sta prendendo una direzione precisa. L’abbattimento di barriere fra indie e mainstream è un bene fino al punto in cui non diventa appiattimento generale, se omologa verso il basso. Vedo molti giovani artisti col mito del successo. Forse questo atteggiamento è figlio di una fase storica in cui o pensi a quello o con la musica non riesci a campare. Quando abbiamo cominciato noi era più importante la scelta degli strumenti da suonare che avere clic su internet» racconta Bianconi. «Io non ho più voglia di ascoltare questa musica leggera», cantano i Baustelle in «Il vangelo di Giovanni», tratta da loro ultimo «L’amore e la violenza». «Non mi riferivo soltanto alla musica, la metafora è più ampia. Sento un senso di non allineamento con il mondo di oggi. Viviamo un momento critico, un’età dell’ansia» spiega.
Pessimisti, tristi e snob. Sono le definizioni che i Baustelle si sentono buttare addosso da chi non li ama. Critica che regala lo spunto per una
Al Festival di Locarno ieri è stato il giorno di Adrien Brody: all’Oscar 2003 per Il pianista di Polanski è stato consegnato il premio alla carriera, il Leopard Club Award 2017. L’attore ha incontrato il pubblico di Locarno ripercorrendo la sua carriera: «Il mio rapporto col cinema è iniziato presto, mia madre è una straordinaria fotografa, ho imparato subito l’importanza dell’immagine». Brody ha poi ricordato i suoi esordi da pittore, passione rinata negli ultimi anni. «Per fortuna non fui ammesso alla scuola di belle arti, ma a quella di recitazione. E in futuro farò il regista, devo solo trovare la storia giusta».