Parigi si trasforma in un sambodromo O Ney incanta tutti anche senza giocare
DALLA NOSTRA INVIATA
La vie è en rose, al Parc des Princes, quando poco prima delle 16 Neymar sbuca dal tunnel tra due ali di scintille e si dirige sul palco dove lo aspetta il presidente, Nasser AlKhelaïfi, per offrirsi il suo primo bagno di folla e ringraziare i sostenitori del Paris Saint Germain. Per lui il dj Martin Solveig ha allestito una scenografia da far dimenticare anche il debutto di Ibrahimovic: «Paris est magique!», è già ammaliato il nuovo attaccante, accolto a ritmo di samba e dalle luci verdi e gialle della Torre Eiffel e dell’Arco di trionfo, in onore delle sue origini. A insidiare l’incoronazione di Neymar re di Francia c’è stata solo l’eccezionale maternità di Huan Huan, bellissima panda dello zoo di Beauval, prestata dal governo cinese a quello francese che ha designato come madrina del bebè nientemeno che la première dame, Brigitte Macron. Neymar si è accontentato di uno stadio colmo come per una finale mondiale Francia-Brasile, con la differenza che le due tifoserie erano compatte nell’acclamare O Ney. Il nuovo gioiello del Psg, pagato la cifra record di 222 milioni (senza contare lo stipendio da 30 milioni netti a stagione), ieri però non ha potuto toccare palla, a parte quelle che ha lanciato sugli spalti nel giro d’onore in campo, con sosta fuori programma davanti alla curva «Auteuil», quella degli ultrà, in delirio quando hanno visto volare verso di loro addirittura la sua maglia. Come ultimo dispetto per lo scippo al Barcellona, la Liga spagnola ha ritardato il più possibile l’invio dei documenti che certificano il trasferimento internazionale alla Ligue francese e in mancanza dei quali Neymar è ancora, burocraticamente parlando, in Catalogna. I suoi compagni, nella prima di campionato, hanno comunque battuto l’Amiens 2-0. Lasciando soltanto sognare ai tifosi la goleada che si sarebbe profilata se il nuovo numero 10 fosse stato al suo posto di combattimento, anziché in tribuna con una maglia nera, una bandana e una vistosa croce al collo: sarà per la prossima settimana.
A è al secondo posto con 703 milioni di investimenti (696 il dato finale di un anno fa, 570 nel 2015/16) davanti ai 553 della Ligue1, ai 470 della Bundesliga, ai 357 della Liga. In testa a tutti con 1,05 miliardi c’è la solita Premier che con il suo mostruoso contratto televisivo triennale 2016-19 da 7 miliardi di euro (solo per la trasmissione delle partite nel Regno Unito, diritti esteri quindi esclusi) è, insieme alla comparsa dei ricchissimi fondi d’investimento al posto del modello di proprietà classica, la fonte principale di questa fiumana di denaro e pertanto del neymarismo di Mou. Singolare il fatto che le critiche più robuste arrivino proprio dall’Inghilterra dove in questi giorni si sono lamentati un po’ tutti gli allenatori, da Klopp del Liverpool («Così non va bene») a Wenger dell’Arsenal («Siamo oltre il buonsenso», intanto però ha messo 53 milioni per Lacazette del Lione): la verità è che, anche se le distanze restano abissali, l’offensiva del Psg oggi inquieta un po’ la ricca Premier che guarda con sospetto la crescita economica e mediatica di campionati storicamente di secondo piano come Bundes e Ligue1. E, forse, un po’ anche il lento ritorno della nostra scalcagnata serie A che, chissà, sta pian piano smettendo di vivere di ricordi.
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