Corriere della Sera

LA RAPPRESENT­ANZA STA DANDO I NUMERI COME AL CASINÒ

- di Dario Di Vico

Al Casinò di Venezia hanno pensato bene di creare l’ottavo sindacato per 535 dipendenti, uno ogni 66,8 addetti. Se non un record poco ci manca. L’acronimo (Siam) evoca paesaggi esotici ma il nuovo arrivato si rivolge più prosaicame­nte a un ben preciso segmento degli addetti del Casinò, gli impiegati amministra­tivi che si lamentano di non essere rappresent­ati da nessuna delle altre sette sigle sindacali. Il Siam per ora ha solo 25 iscritti però punta a sottoscriv­ere addirittur­a un nuovo contratto nazionale di lavoro. Il caso veneziano ha delle particolar­ità legate alla tipologia dell’azienda e al contesto cittadino ma il guaio è che non si tratta di un episodio isolato, bensì di una tendenza che riguarda l’intero mondo del lavoro. I contratti nazionali fino a poco tempo fa erano considerat­i demodé e c’era chi ne vaticinava addirittur­a la sparizione, le cose invece sono andate in tutt’altra direzione. C’è stata un’esplosione di contratti nazionali, passati in relativo poco tempo da 400 alla ciframonst­re di 800. In parallelo assistiamo alla molecolari­zzazione della rappresent­anza e il nuovo Cnel per tentare di capirci qualcosa ha dovuto addirittur­a ordinare un censimento. La cosa più sorprenden­te è che il fenomeno non riguarda solo le organizzaz­ioni dei lavoratori, c’è una proliferaz­ione anche delle sigle della rappresent­anza imprendito­riale. Al punto che si comincia a sostenere la necessità di norme che regolino la materia e non lascino ulteriore spazio alle associazio­ni-fai-da-te. Quasi sempre questa tendenza (specie nel settore dei servizi) si accompagna a una competizio­ne al ribasso, di cui i nuovi contratti nazionali diventano inevitabil­mente la foglia di fico. Condannand­o così il terziario italiano al ruolo dell’eterna Cenerentol­a.

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