LA RAPPRESENTANZA STA DANDO I NUMERI COME AL CASINÒ
Al Casinò di Venezia hanno pensato bene di creare l’ottavo sindacato per 535 dipendenti, uno ogni 66,8 addetti. Se non un record poco ci manca. L’acronimo (Siam) evoca paesaggi esotici ma il nuovo arrivato si rivolge più prosaicamente a un ben preciso segmento degli addetti del Casinò, gli impiegati amministrativi che si lamentano di non essere rappresentati da nessuna delle altre sette sigle sindacali. Il Siam per ora ha solo 25 iscritti però punta a sottoscrivere addirittura un nuovo contratto nazionale di lavoro. Il caso veneziano ha delle particolarità legate alla tipologia dell’azienda e al contesto cittadino ma il guaio è che non si tratta di un episodio isolato, bensì di una tendenza che riguarda l’intero mondo del lavoro. I contratti nazionali fino a poco tempo fa erano considerati demodé e c’era chi ne vaticinava addirittura la sparizione, le cose invece sono andate in tutt’altra direzione. C’è stata un’esplosione di contratti nazionali, passati in relativo poco tempo da 400 alla ciframonstre di 800. In parallelo assistiamo alla molecolarizzazione della rappresentanza e il nuovo Cnel per tentare di capirci qualcosa ha dovuto addirittura ordinare un censimento. La cosa più sorprendente è che il fenomeno non riguarda solo le organizzazioni dei lavoratori, c’è una proliferazione anche delle sigle della rappresentanza imprenditoriale. Al punto che si comincia a sostenere la necessità di norme che regolino la materia e non lascino ulteriore spazio alle associazioni-fai-da-te. Quasi sempre questa tendenza (specie nel settore dei servizi) si accompagna a una competizione al ribasso, di cui i nuovi contratti nazionali diventano inevitabilmente la foglia di fico. Condannando così il terziario italiano al ruolo dell’eterna Cenerentola.