Missionario
«Non meraviglia che nella ricchissima e poverissima Nigeria avvengano tragedie come questa: purtroppo ormai il terrorismo e la violenza malavitosa laggiù fanno parte del quotidiano. Stavolta pare che non si tratti di terrorismo ma di un regolamento di conti tra gruppi rivali di malavita organizzata, che purtroppo ha coinvolto i partecipanti a una messa»: così il padre Giulio Albanese, comboniano, ottimo conoscitore della Nigeria e direttore di Popoli e missione, rivista della Cei.
Ma se non era terrorismo perché abbiamo tutti questi morti?
«Perché l’irruzione di uomini armati nella chiesa, che pare finalizzata all’uccisione di qualcuno che ritenevano si fosse nascosto lì, è avvenuta verso le sei del mattino, durante la prima messa, quando la gente era in piedi per il canto del Gloria. Hanno sparato tra la folla che cantava».
Come si può escludere la matrice terroristica? Non è la Nigeria uno dei teatri dell’incendio islamista?
«Il terrorismo islamista ormai da otto anni mette a ferro e fuoco il Nord della Nigeria, che è a maggioranza musulmana, ma questa strage è avvenuta al Sud, in uno Stato dove i musulmani sono pochi e l’estremismo fondamentalista non è radicato».
Perché la Nigeria è un terreno fertile per terrorismo e violenza organizzata?
«Per le incredibili sperequazioni: meno dell’1% della popolazione detiene oltre il 75% delle risorse del Paese. È facile reclutare adepti del mitra tra i disperati, sia che tu li voglia armare per radicalizzarli, sia che tu cerchi dei manovali del crimine. C’è poi un’endemica mancanza di sicurezza che predispone a farsi giustizia da sé».
Le tante stragi non fanno crescere tra la popolazione la richiesta di sicurezza?
«La fanno crescere. Ma la corruzione politica fino a oggi è sempre riuscita a gestire a proprio vantaggio il bisogno di sicurezza». Padre Giulio Albanese, comboniano, missionario e direttore della rivista «Popoli e missione»