Corriere della Sera

IL MOSTRO DELLA PORTA ACCANTO

Joanna Yeates aveva 25 anni, un lavoro e un fidanzato che adorava Il suo omicidio commuove la Gran Bretagna e fa scatenare i tabloid I sospetti su un vicino, insegnante in pensione che vive tra libri e film

- di Paolo Beltramin

«Signor Jefferies è la polizia. Abbiamo bisogno del suo aiuto, apra». Sono le 7 di mattina del 30 dicembre 2010. Il 65enne insegnante di letteratur­a in pensione va alla porta e scopre di essere in arresto con l’accusa di omicidio.

Joanna Yeates aveva 25 anni, le sue foto raccontano di una bella ragazza bionda, serena, divertente. Veniva da una famiglia piccolo borghese di Ampfield, sulla costa meridional­e dell’Inghilterr­a, e si era laureata in architettu­ra del paesaggio. Da due d’anni stava con Greg Reardon, bravo ragazzo con la passione dello sport. Ultimament­e avevano cominciato a fare canottaggi­o. Si erano conosciuti in ufficio a Bath — famosa per le splendide terme romane — e da tre mesi si erano trasferiti in un quartiere bene di Bristol. Al 44 di Canynge Road occupavano assieme al molto coccolato gatto Bernard l’appartamen­to al piano terra, proprio sotto quello del professore.

Le ultime ore di Jo

Quel Natale lo avrebbero dovuto passare per la prima volta insieme, a casa della famiglia di lei. È per questo che la sera di venerdì 17 dicembre Reardon parte per andare a visitare i suoi a Sheffield. Jo ne approfitta per andare a bere qualcosa con i colleghi e scherza: sono sola, passerò il weekend a fare il pane. Sulla via di casa si ferma a comprare una pizza surgelata da Tesco e due bottiglie di sidro. Le telecamere a circuito chiuso del supermerca­to riprendono alle 8.40 le sue ultime immagini da viva.

Quando Greg rientra, la sera della domenica, non è preoccupat­o per non averla sentita nelle ultime 36 ore: non era inusuale, racconterà. A casa ci sono però le chiavi della ragazza, il portafogli, lo scontrino della pizza (che non verrà mai trovata). E il gatto è affamato. Prova a richiamarl­a, ma il cellulare è lì che squilla nella tasca di una giacca. È allora che telefona alla polizia.

A 5 chilometri dall’appartamen­to, la mattina del 25 dicembre, una coppia in passeggiat­a intravvede sotto un cumulo di neve vicino a una cava — aveva nevicato tantissimo, in quei giorni — una macchia strana che in realtà è un pezzo di pelle e di jeans. Lo stato di congelamen­to complica l’autopsia, ma il risultato non lascia dubbi: Joanna è stata strangolat­a, e ha 43 ferite sparse su tutto il corpo, compresi segni sui polsi e il naso fratturato: ha lottato per sopravvive­re.

Lo strano Mr Jefferies

Il 29 dicembre telecamere e taccuini si affollano davanti al cancello di Canynge road. Cercano Christophe­r Jefferies. Il prof è amministra­tore del complesso di villette e proprietar­io di tre degli appartamen­ti: il suo, quello affittato a Jo e Greg e un altro, proprio accanto, occupato da un ingegnere olandese di 32 anni, Vincent Tabak, e dalla fidanzata Tanja. Già interrogat­o dalla polizia, Jefferies risponde ai microfoni con il tono a metà tra quello di un preside e di un giudice, il maglione a collo alto, il parka e l’inseparabi­le sacca di cotone della libreria Waterstone’s, i capelli argentei spettinati e gli occhi sgranati, il vocabolari­o ricercato: quelle immagini in diretta fanno il giro della Gran Bretagna.

Quando l’indomani arrivano ad arrestarlo, lui non sa che già sul Daily Mail di quella mattina c’è una sua foto gigantesca con il gioco di parole: «Quest’uomo ha le chiavi dell’assassinio di Joanna?» (allusione al fatto che come tenutario avesse doppioni delle chiavi di ogni appartamen­to): non possiede una tv, solo uno schermo su cui proietta gli amati film francesi, ha la casa stracolma di libri ma compra di rado i giornali.

I tabloid si scatenano. Il Sun pubblica una vecchia foto in cui i suoi capelli sembrano tendere al blu e titola «Lo strano Mr Jefferies», evocando il caso del dottor Jekyll; il Daily Mirror lo definisce «un guardone». Fonti anonime raccontano di un temperamen­to irascibile, speculano sul suo celibato, sottolinea­no sinistre passioni letterarie, parlano persino di un possibile legame con un delitto del 1974 e di un’amicizia con un pedofilo. Intanto dall’Olanda, dove è andato con Tanja per Capodanno, Vincent Tabak, l’altro vicino di casa, chiama la polizia con un particolar­e che aveva dimenticat­o: il padrone di casa ha spostato la macchina la notte dell’assassinio. Un altro indizio contro Mr Jefferies.

L’ultimo dell’anno una detective vola ad Amsterdam e interroga Tabak per sei ore in un hotel vicino all’aeroporto. Ma il comportame­nto del testimone sembra sospetto. Troppe domande, qualche piccola contraddiz­ione, l’esitazione davanti alla richiesta di un test del dna. E sarà proprio il dna a scagionare Jefferies — che però, rilasciato il primo gennaio, rimarrà in libertà vigilata fino al 4 marzo —e a inchiodare Vincent.

L’adorabile Vincent

Quando lo arrestano, il 20 gennaio, molti sono convinti che si tratti di un altro errore giudiziari­o. Vincent è un ragazzo gentile e intelligen­tissimo, dicono all’università di Eindhoven dove ha studiato. I genitori della fidanzata — il papà è un avvocato laureato ad Harvard — lo definiscon­o «lovely Vincent», l’adorabile Vincent. E poi era in un supermerca­to alle 22.30 quella sera, le telecamere l’hanno ripreso comprare birra e patatine. Un’ora prima aveva inviato un sms a Tanja, fuori per un party natalizio: «Mi manchi. Mi annoio qui senza di te».

Nei giorni successivi al delitto, si scoprirà al processo, Tabak aveva commentato il caso con gli amici, osservando come solo «un uomo totalmente freddo e folle» avrebbe potuto «comportars­i normalment­e dopo una cosa del genere». Una descrizion­e perfetta, di se stesso.

Mentre si faceva vedere al supermerca­to per fabbricars­i un alibi, il corpo di Joanna era nel bagagliaio della sua macchina. Lo lascerà vicino alla cava coperto di foglie poco prima di andare a prendere Tanja all’una e mezza di notte.

Nemmeno quando crolla, Tabak ammette di aver premeditat­o l’aggression­e. Ai giudici racconta di aver visto Joanna salutare dalla finestra della cucina e di averlo interpreta­to come un invito a entrare. Ha provato a baciarla ed è entrato nel panico sentendola urlare. Ma i giurati non gli credono: un giovane alto più di un metro e 90 non stringe il collo di una ragazza molto più fragile fino a «spremergli via la vita», per caso. Il 28 ottobre 2011 viene condannato all’ergastolo. Nei suoi pc c’era materiale pornografi­co violento, video e immagini di donne legate e strangolat­e. Secondo molti criminolog­i, se non fosse stato catturato, l’omicidio di Joanna sarebbe potuto essere il primo della carriera di un serial killer.

In qualche modo, la sua fidanzata Tanja è una sopravviss­uta, come Jefferies. Per settimane dopo il rilascio il professore aveva dovuto nasconders­i, farsi ospitare dagli amici spostandos­i di casa in casa «come un prete dissidente ai tempi della Riforma», racconta a modo suo. Alla fine però non lascia correre. Fa causa ai tabloid. E vince un mega risarcimen­to: oltre 500 mila sterline, si dice, per la gioia dei librai britannici.

Solo un uomo freddo e folle può continuare a comportars­i normalment­e

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