Alexandr Pushkin, l’onore ferito e il duello mortale con il cognato
L’8 febbraio di 180 anni fa, un aristocratico riccioluto, dal naso camuso e la carnagione olivastra, insolita per un russo, uscì dalla Pasticceria Wolf e Beranger di Pietroburgo con il suo padrino, raggiunse l’allora periferica sponda del fiume Chernaya, si fermò a dieci passi dal suo sfidante, si mise di tre quarti e lasciò che l’ufficiale venticinquenne sparasse il primo colpo. Ferito gravemente, riuscì comunque a sparare e colpì di striscio l’avversario, che si chiamava George D’Anthès ed era da poco suo cognato. Due giorni dopo, quello che è considerato il padre della letteratura e della lingua russa moderne, morì: Alexsandr Pushkin non aveva ancora compiuto 38 anni, era padre di quattro figli e, per “difendere l’onore” della sua ammiratissima moglie, Natalja Gon"arova, che aveva 13 anni meno di lui, stava mandando all’aria una strepitosa carriera letteraria, resa più romanzesca dalla sua adesione ai nascenti e maldestri movimenti anti-zaristi. Quella morte “annunciata” è lo specchio di un’epoca e di un’idea di virilità. Ma anche l’espressione di un indole che ha reso grande lo scrittore ma poco illuminato l’uomo privato, nonostante le simpatie di altri poeti (a cominciare da Anna Achmatova e Marina Cvetaeva, furibonde solo con la moglie). Prosegue dunque la serie di ritratti sul canale Uomini (corriere.it/uomini-cambiamento/).