Corriere della Sera

Wood: «Ho affrontato il cancro da rocker»

Il chitarrist­a dei Rolling Stones: sono intervenut­i in tempo, niente chemio per conservare i capelli

- Paola De Carolis

Settant’anni, una moglie giovane, due bambine piccole, un gruppo che svetta ancora. Ronnie Wood, bassista dei Rolling Stones, oggi è pieno di energia e progetti, ma tre mesi fa ha temuto che fosse arrivato il momento di dire addio. I medici gli avevano diagnostic­ato un cancro ai polmoni.

Fumatore accanito, per mezzo secolo personific­azione perfetta degli eccessi da rockstar, ha scoperto di essere malato durante un controllo di routine. «Per una settimana ho creduto di non farcela — racconta, lanciando un monito salutista —. Ragazzi, fatevi visitare». È stato fortunato: il tumore è stato preso in tempo; non c’erano metastasi. «Ma quando il dottore è venuto a dirmi che avevo una supernova sul polmone non mi sono sorpreso. Era dal 2002 che non facevo le lastre». Un anno fa, quando la (terza) moglie Sally aveva messo al mondo le gemelline Alice e Gracie, Wood aveva smesso di fumare, ma ai polmoni 12 mesi senza nicotina non sono bastati.

Wood non è stato un paziente tradiziona­le. La chemio? «Assolutame­nte no». Aveva paura degli effetti collateral­i. In particolar­e, non era disposto a perdere la capigliatu­ra. «I miei capelli, ho detto al medico, non sarebbero andati da nessuna parte, mi sarebbero rimasti in testa. Scherziamo?». È pur sempre, dopotutto, uno dei Rolling Stones. «Adesso sto bene, ogni tre mesi devo farmi vedere, ma è tutto a posto. Credo di avere un angelo custode, lassù».

Le rivelazion­i sulla salute arrivano alla vigilia della pubblicazi­one di un nuovo libro, Ronnie Wood: artist, a celebrazio­ne dell’aspetto forse meno noto del musicista, ma a lui non meno caro: la sua arte. Nonostante la carriera con il Jeff Beck Group, i Faces e infine, dal 1975, i Rolling Stones, Wood non ha mai smesso di disegnare e dipingere. Se le abilità tecniche risalgono agli studi formativi al Ealing College 70 anni Ronnie Wood, 70 anni, è dal 1975 il chitarrist­a dei Rolling Stones of Art, è anche nei confronti di colleghi recenti e contempora­nei che Wood ha un debito: in particolar­e Damien Hirst. «Non ci conoscevam­o, ma aveva sentito che mi ero chiuso in Irlanda in un circolo pazzo ed esagerato. È venuto a prendermi, mi ha messo dentro un furgone del pane per nasconderm­i dai paparazzi, mi ha spedito a Londra in aereo, mi ha fatto entrare in un centro di disintossi­cazione. Ci vuole parecchio tempo per ripulirsi per bene. Quando ho finito e sono uscito, Damien era lì ad aspettarmi. Mi ha portato a casa sua. L’aveva riempita di tele, pennelli, colori, pastelli, abbastanza per un’intera scuola d’arte, e mi ha detto, forza, lavora, così puoi pagarmi l’affitto».

Adesso sto bene, ogni tre mesi devo fare una visita di controllo, ma è tutto a posto Credo davvero di avere un angelo custode lassù

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