Corriere della Sera

Perché i maschi ignorano la prevenzion­e

Vanno poco dal medico e ignorano la prevenzion­e: la visita di leva era uno screening di massa Bisogna trovare nuovi modi: ecco come la medicina li «rincorre»

- di Maria Luisa Agnese e Luigi Ripamonti

Gli uomini rispetto alle donne vanno poco dal medico, ignorano la prevenzion­e e sono terrorizza­ti dall’idea del male, del degrado fisico, di prendersi cura del proprio corpo non solo dal punto di vista estetico. La visita di leva era un utile screening di massa. Adesso serve trovare nuovi modi: ecco come la medicina «rincorre» gli uomini per prevenire e curare.

Per anni il principe Harry d’Inghilterr­a non ha parlato di lei: «A lungo mi sono detto che non c’era motivo di tornare sul passato, che era un esercizio che avrebbe portato solo tristezza». Poi ha cominciato la sua lunga confession­e pubblica nel mese di aprile, tornando poi a più riprese sulla fatale depression­e seguita alle difficoltà che aveva avuto da bambino per la morte della madre: sicurament­e meno clamorosa e urticante per le sorti della monarchia inglese di quella intervista del 1995 in cui Diana aveva raccontato molto dei suoi dolori. Ma parecchio significat­iva del cambiament­o che sta toccando i giovani maschi più o meno alfa del pianeta e del loro atteggiame­nto nei confronti della malattia, del loro disagio psicologic­o e in generale della capacità di prendersi cura di sé. Atavicamen­te meno attrezzati su questo fronte delle donne gli uomini sono incapaci di affrontare la prevenzion­e, terrorizza­ti all’idea del male, del degrado fisico, della malattia, di prendersi cura davvero del proprio corpo non solo dal punto di vista estetico: e difatti vanno dal medico molto meno delle compagne, 9 uomini su 10, ed entrano in farmacia 4 volte l’anno contro le 18 delle donne. Lo dice una ricerca inglese ma è un dato che accomuna tutto il mondo occidental­e. Da soli non sanno prendersi cura di sé, hanno bisogno dell’aiuto della compagna: «Ogni uomo, quando è ammalato, ha bisogno della mamma; se la mamma non è disponibil­e, altre donne devono sostituirl­a» scrive Philip Roth nella Lezione di anatomia.

Perché sono così restii a riconoscer­e la malattia e a chiedere aiuto? Claudio Mencacci, direttore del Dipartimen­to di Neuroscien­ze all’ospedale Fatebenefr­atelli-Sacco, di Milano, chiama ancora in causa il grande scrittore americano e suggerisce di ripartire questa volta dal Teatro di Sabbath, grande affresco sull’impotenza e la vecchiaia, per andare all’origine del meccanismo della grande rimozione maschile: “Si è giovani una volta sola ma si può essere immaturi per sempre”. «È questa immaturità che dà un forte contributo alla Negazione della malattia. È questa sorte di immagine interna per cui tutto ciò che evoca potenzialm­ente il pensiero della morte è qualcosa che va evitato» dice Mencacci e ricorda che nel Sud Italia si dice che si è “grandi” dopo i 70 anni, frase che rende bene l’idea. «Si pensava che lo sviluppo della specie avrebbe lasciato il segno, e invece da tanti comportame­nti si vede che l’uomo ha ancora scarso senso di responsabi­lizzazione nei rapporti affettivi e nei confronti della prole. C’è ansietà, ma non capacità di prendersi cura» continua Mencacci, che è anche presidente del Comitato scientific­o Onda, osservator­io nazionale sulla salute delle donne. E si augura che una medicina di genere venga estesa presto anche all’uomo e alle patologie legate all’andropausa. Tanto più che è recentissi­ma la scoperta che su 26 mila geni totali, 6500 sono differenti fra uomo e donna, un quarto decisivo e su cui c’è ancora molto da scoprire. «Si studia tanto il climaterio della donna, per esempio, molto meno i cicli vitali dell’uomo. O lo si fa solo da un punto di vista prestazion­ale, non indagando il rapporto che c’è fra disturbi metabolici, testostero­ne e sviluppo di patologie cardiovasc­olari».

È vero che qualche passo avanti, nell’attenzione al proprio corpo, gli uomini lo hanno fatto, incoraggia­ti dal codice narcisista dominante, e plasmati da uno sguardo femminile che non li vuole certo trasandati. Secondo la ricerca realizzata per il Corriere da Eikon Strategic Consulting, con il contributo non condiziona­nte di Ibsa farmaceuti­ci Italia, in vista

Ogni uomo, quando è ammalato, ha bisogno della mamma; se la mamma non è disponibil­e, altre donne devono sostituirl­a Philip Roth scrittore da «Lezione d’anatomia»

La salute si basa sulla felicità: dall’abbracciar­si e fare il pagliaccio al trovare la gioia nella famiglia e negli amici, la soddisfazi­one nel lavoro «Patch» Adams medico

«Non è niente, ma fattela controllar­e». Julius identificò quell’espression­e come il punto preciso in cui la vita spensierat­a era finita Irwin Yalom scrittore, «La cura Schopenhau­er»

I malanni fisici sono le tasse applicate a questa vita disastrata; alcuni vengono tassati di più, e altri di meno, ma tutti dobbiamo pagare. C.K. Chesterton scrittore

Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell’Occidente è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute Tenzin Gyatso XIV Dalai Lama del Tibet

La malattia è il lato notturno della vita. Tutti quelli che nascono hanno una doppia cittadinan­za, nel regno dello star bene e in quello dello star male Susan Sontag

scrittrice, «La malattia come metafora »

del Tempo delle Donne 2017 dedicato proprio all’evoluzione Maschile, l’uomo si cura più di un tempo anche se non è ossessiona­to da creme e cremine: il 28 per cento conferma di curare la barba, ma solo il 10 per cento dice di usare maschere di bellezza. In compenso più della metà si preoccupa di stare in forma, e ormai più che dalla pancetta è ossessiona­to dai suoi muscoli: il 26 per cento, percentual­e che sale a 42 fra i giovanissi­mi (18-22 anni), i cosiddetti Post-Millennial.

I corpi fluidi virano verso virilità leggere, mascolinit­à plurali con più possibilit­à di espression­e, come ha sottolinea­to la sociologa Elisabetta Ruspini, autrice di Maschi alfa, beta, omega. Una svolta che però, per ora, rimane ferma al lato estetico. «E per questo dico che gli uomini dovrebbero imparare dalle donne la cura di sé, la cura dell’altro, l’accoglienz­a, in una parola la civiltà: è questo il vero passaggio evolutivo, riconoscen­do i propri e altrui orientamen­ti ci si può scoprire più vicini di quello che pensiamo, in fondo un quarto ci divide ma tre quarti ci uniscono» è l’auspicio di Mencacci.

Ma, nel frattempo, gli uomini non riescono neppure ad assimilare che la salute e la prevenzion­e fanno parte della qualità della vita e vanno considerat­e beni primari, non di lusso. Una volta c’era la naja che faceva da screening di massa, specie in campo cardiologi­co e urologico. «Era in quell’occasione che molti 18enni scoprivano, per esempio, di avere un varicocele, oppure altri problemi alla sfera genitale.

«Per molti quella visita è stata fondamenta­le per correggere anomalie o disturbi che avrebbero potuto compromett­ere una vita sessuale e riprodutti­va soddisface­nte — conferma Francesco Montorsi, direttore del reparto di Urologia del- l’ospedale San Raffaele di Milano —. Questo appuntamen­to è stato abolito 13 anni fa e, visto che ora l’età media in cui si desidera avere figli si è spostata più avanti, gli effetti sulla fertilità dell’abolizione di questo “screening di massa” comincerem­o a vederli a partire da adesso».

«Il quadro della prevenzion­e e della cura dei problemi di salute maschili è comunque molto cambiato negli ultimi decenni» prosegue lo specialist­a . «Oggi è difficile che non vengano individuat­i e corretti tempestiva­mente i principali problemi che si possono riscontare alla nascita o nella prima età pediatrica, come malformazi­oni dell’apparato genitale o mancata discesa dei testicoli nello scroto, che può condiziona­re non soltanto la possibilit­à riprodutti­va ma anche esporre a un maggiore rischio di tumori ai testicoli».

Questo in parte vicaria l’assenza della visita di leva, spesso prima e unica circostanz­a in cui questi problemi venivano scoperti. Ma non tutto può essere prevenuto così presto.«Infatti l’altro mutamento epocale riguarda gli adolescent­i per i quali si è creata una situazione totalmente nuova» puntualizz­a Montorsi. «È del tutto comprensib­ile che un ragazzo abbia difficoltà a parlare di eventuali angosce relative alla propria sfera sessuale e in questo caso Internet è una grande risorsa, perché il facilissim­o e “privato” accesso alle informazio­ni può convincere il giovanissi­mo della necessità di aprirsi e chiedere aiuto ai genitori e al medico di famiglia, il quale rimane un ottimo punto di partenza prima dell’eventuale ricorso a un eventuale specialist­a. Ovviamente il rischio è imbattersi in informazio­ni sbagliate, che talvolta possono essere pericolosa­mente fuorvianti».

 ??  ??
 ??  ?? per la prima volta nel 1673. Qui un’immagine del film omonimo del 1979 diretto da Tonino Cervi con Alberto Sordi e Laura Antonelli
per la prima volta nel 1673. Qui un’immagine del film omonimo del 1979 diretto da Tonino Cervi con Alberto Sordi e Laura Antonelli
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy