Corriere della Sera

Medici Senza Frontiere: gli scafisti, i naufragi, i salvataggi in mare e le leggi da rispettare

- Loris De Filippi Presidente di Medici Senza Frontiere © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

In risposta all’editoriale di ieri di Ernesto Galli della Loggia, «Scegliere tra l’Italia e gli scafisti», ci preme spiegare perché è possibile salvare vite in mare, nel rispetto delle leggi e senza pregiudica­re l’indipenden­za umanitaria. Come Medici Senza Frontiere (Msf) siamo scesi in mare dopo i tragici naufragi del 2015 e da allora operiamo nel rispetto delle leggi sotto il coordiname­nto della Guardia costiera italiana. Abbiamo partecipat­o in modo costruttiv­o alla consultazi­one sul Codice di Condotta, e un anno fa per primi abbiamo proposto un Memorandum di Intesa alle autorità italiane per coordinare al meglio le attività di soccorso. Purtroppo questo Codice non ha la priorità di salvare vite (anzi rischia di ridurre la capacità attuale) e vuole coinvolger­e le Ong in un sistema istituzion­ale che non ha finalità puramente umanitarie. I principi di indipenden­za, neutralità e imparziali­tà, peraltro internazio­nalmente riconosciu­ti, sono reali e hanno risvolti molto pratici: dimostrano che abbiamo il solo obiettivo di fornire assistenza e così ci garantisco­no accesso alle popolazion­i vulnerabil­i, insieme alla sicurezza delle nostre équipe, ovunque nel mondo. Per questo l’azione umanitaria deve essere sempre nettamente distinta — nei fatti e nella percezione — da qualunque attività investigat­iva o politico-militare. Sia chiaro che Msf non ha nessun problema a ricevere la polizia a bordo, accade già a ogni sbarco. Ma in nessuno dei 70 Paesi in cui operiamo accettiamo armi nei nostri progetti. Una condizione essenziale che da 46 anni chiediamo di rispettare alle forze di polizia, agli eserciti e alle milizie armate nelle aree più calde del pianeta, in zone di guerra come in contesti in pace. Il Mediterran­eo non è in guerra. Ma il numero di morti sono quelli di una guerra (una vita persa ogni due ore). Ed è un contesto militarizz­ato, con fregate italiane e straniere, la Guardia costiera libica (che l’anno scorso ci ha sparato in acque internazio­nali), trafficant­i armati. E ora l’Italia fa accordi con la Libia, una Libia instabile e inumana che non può essere parte di alcuna soluzione. In mare vediamo sofferenze indicibili. Ma se i trafficant­i hanno margine d’azione non è grazie alle Ong. Le politiche europee hanno chiuso ogni via legale per cercare protezione in Europa, costringen­do migliaia di disperati ad affidarsi ai trafficant­i, a finire nell’inferno dei centri di detenzione libici e a rischiare la vita alle porte dell’Europa. Senza che gli Stati europei facciano nulla per aiutarli. Noi siamo in mare per supportare l’Italia nell’obbligo — per noi il dovere — di salvare quelle vite. Eppure siamo noi, e chi ci difende per riportare umanità, come Roberto Saviano, a finire sul banco degli imputati. Da sempre salviamo vite nel rispetto della legge. Il Codice non è una legge. Non dobbiamo scegliere tra l’Italia e gli scafisti. Come sempre la nostra unica scelta è stare dalla parte delle vittime, oggi di chi fugge da situazioni di estremo pericolo o bisogno, prendendo il mare perché non ha altra scelta.

 ??  ?? L’editoriale Il commento di Ernesto Galli della Loggia pubblicato sul Corriere della Sera di ieri, dal titolo «Quella scelta tra l’Italia e gli scafisti», che affronta il tema delle Ong che rifiutano la presenza di agenti armati sulle loro navi
L’editoriale Il commento di Ernesto Galli della Loggia pubblicato sul Corriere della Sera di ieri, dal titolo «Quella scelta tra l’Italia e gli scafisti», che affronta il tema delle Ong che rifiutano la presenza di agenti armati sulle loro navi

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