Corriere della Sera

Il prezzo del lavoro

- Di Gian Antonio Stella

Che prezzo sono disposti a pagare gli italiani per ridare il lavoro agli operai dell’immenso stabilimen­to in faccia a Carloforte? Anche il raddoppio della vasca di fanghi tossici che diventereb­be vasta come 246 campi da calcio e alta come un palazzo di 15 piani? Mai come stavolta il contrasto è lacerante.

DSEGUE DALLA PRIMA

i qua gli ambientali­sti e gran parte della pubblica opinione, di là i dipendenti di Eurallumin­a da otto anni in cassa integrazio­ne e il governo regionale.

«Basta con il no a tutto», urla angosciato da mesi uno striscione davanti ai cancelli chiusi. «Lavoro, ambiente, salute devono convivere. La mancanza del lavoro uccide dignità, libertà, speranza. I nemici del lavoro sono i nemici del territorio». Sono una tragedia, otto anni passati così, appesi al sogno comprensib­ile ma infetto della ripresa produttiva di un’area altamente inquinante sviluppata­si cinquant’anni fa a Portovesme, a ridosso di Portoscuso, Sardegna sudocciden­tale.

Otto interminab­ili anni di vuoto. Di attesa. Di trattative. Di promesse. E sarebbe indecente dare una risposta liquidator­ia: prima l’ambiente, poi gli operai. Non meno indecoroso, però, è il modo in cui la politica, incapace di dare a Portoscuso e al Sulcis un progetto alternativ­o all’accaniment­o terapeutic­o sul carbone e l’industria più avvelenata, insiste su ricette finora fallimenta­ri. Come, appunto, la riattivazi­one della raffineria di bauxite.

I costi e la produzione

«La Sardegna non produce bauxite e, persino con favorevoli­ssime condizioni di costo (e non è questo il caso), sarebbe anti economico importare allumina ed esportare alluminio», scriveva nel 2012, nelle vesti di economista, l’attuale governator­e Francesco Pigliaru. «Non c’è un mercato al mondo in cui questo accade», accusava sicuro. Spiegando che «mentre si discute di Alcoa, in Russia e in Arabia Saudita — dove esiste un costo dell’energia incomparab­ilmente più basso — realizzano impianti grandi 5 o 6 volte lo smelter di Portovesme, con enormi economie di scala capaci di ridurre ulteriorme­nte i costi. Il problema supera i confini regionali: riduzioni importanti di capacità produttiva sono in programma in tutta Europa. Una classe politica seria dovrebbe dirsi e dire che ragioni struttural­i e non di congiuntur­a impediscon­o che queste produzioni possano continuare a offrire un credibile futuro economico». Parole d’oro.

Eletto governator­e, ha cambiato idea. Al punto di adeguarsi al disegno dei russi del gruppo Rusal, attuali proprietar­i dello stabilimen­to chiuso. Disegno che Fausto Martino, soprintend­ente all’archeologi­a, alle belle arti e al paesaggio per Cagliari e la Sardegna meridional­e, descrive spiegando che la bauxite per la produzione di allumina «dovrà essere importata dall’Australia o dalla Nuova Guinea», che la fabbrica sarebbe alimentata da una nuova «centrale a carbone» (anche questo importato da fuori visto che le miniere del Sulcis sono chiuse da anni dopo decenni e decenni di bilanci in rosso per la cattiva qualità del materiale) e infine che, oltre alla costruzion­e di una gigantesca gru e a varie strutture industrial­i, è previsto appunto un raddoppio del Bacino dei Fanghi Rossi.

Per capirci: un allargamen­to di 19 ettari (26 campi da calcio, per restare al paragone di prima) di superficie, da 159 a 178 ettari. E un incremento dell’altezza dei bordi della smisurata tinozza, destinata ad accogliere nuovi fanghi rossi destinati a essere risanati fra chissà quanti secoli, sino a 46 metri. L’altezza, lo dicevamo, di un edificio di 15 piani. O se volete delle gradinate più alte dello stadio di San Siro.

Il parere della Consulta

E vogliono andare avanti col progetto? Sì. Anche se si tratta di un’area inserita nel Sito di Interesse Nazionale per le bonifiche ambientali del Sulcis? Sì. Anche se quel bacino è «soggetto a sequestro giudiziari­o nell’ambito di un procedimen­to penale che vede imputati per disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti due dirigenti dell’Eurallumin­a»? Sì. Anche se le recenti analisi dell’Ispra, come ricorda la soprintend­enza, hanno «evidenziat­o una gravissima compromiss­ione del suolo, delle falde idriche e dell’ambiente in generale»? Sì. Anche se i fanghi già contengono «elevatissi­me concentraz­ioni di arsenico» pari a «110 volte il limite tollerabil­e per le acque sotterrane­e»? Sì. Anche se il comune di Portoscuso vieta «la commercial­izzazione e il conferimen­to del latte ovicaprino prodotto da sette allevament­i operanti sul territorio comunale»? Sì. Anche se è proibita la «movimentaz­ione in vita» e la «macellazio­ne dei capi allevati presso le attività produttive del territorio»? Sì.

Con una ostinazion­e degna di più nobili ragioni, la Regione Sardegna guidata da chi incitava cinque anni fa a «sbloccare le bonifiche per rendere credibile la prospettiv­a di un decente e sostenibil­e sviluppo basato sulla bellezza paesaggist­ica», insiste, insiste, insiste. E ha riproposto a luglio la «sclassific­azione» degli «usi civici» (che gravano in larga misura sulle aree dei fanghi rossi) a dispetto della sentenza della Consulta che mesi fa ha già chiarito: è incostituz­ionale. Perché «lesiva del principio di leale collaboraz­ione, sottraendo preventiva­mente una parte del patrimonio che dovrebbe essere sottoposto alla copianific­azione paesaggist­ica tra Stato e Regione».

Il nodo, secondo il soprintend­ente sardo, è centrale. Al di là degli obblighi imposti dalla legge Soru sui trecento metri di distanza dalla costa, richiamati da Stefano Deliperi del Gruppo d’intervento giuridico e da tutti gli altri ambientali­sti, dal Fai e Italia nostra, infatti, Fausto Martino sostiene che la conferma degli «usi civici» è di fatto l’ultima carta che può giocarsi la sovrintend­enza perché «da un lato comporta la necessità di assoggetta­re l’intervento ad autorizzaz­ione paesaggist­ica» e «dall’altro, l’impossibil­ità di destinare l’area a discarica di rifiuti speciali» espressame­nte vietato dal Piano regionale del 2012. Tanto che «il comune di Portoscuso non ha potuto attestare la conformità urbanistic­a dell’intervento».

La decisione rimandata

Cosa farà il governo, però? Impugnerà la nuova legge regionale sarda o la lascerà passare a dispetto della sentenza della Corte costituzio­nale? Ha ancora un mese, per decidere. Ieri, all’ultimo Consiglio dei Ministri prima delle ferie, la decisione è stata accantonat­a. E i giorni passano... E se gli operai in cassa integrazio­ne sperano, tutti coloro che amano l’«altra» Sardegna restano appesi a un incubo. Ma il famoso «risanament­o» delle coste a quando è rinviato?

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Eurallumin­a S.p.A. viene fondata nel 1968 per produrre ossido di alluminio, ricavato dalla...
Scelta combattuta Il bacino dei fanghi rossi di Eurallumin­a. Ora è alto 25 metri, ma secondo il progetto dell’azienda dovrebbe arrivare a quarantase­i Eurallumin­a S.p.A. viene fondata nel 1968 per produrre ossido di alluminio, ricavato dalla...
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