Corriere della Sera

L’attore cade nella rete della fatalissim­a sciantosa Liliana Castagnola Se ne invaghisce, si pente, prova a fuggire. Lei gli scrive e poi si uccide: «Antonio, grazie del tuo sorriso. Ora non guarderò più nessuno» Totò e la relazione pericolosa Inquieta

- Di Paolo Di Stefano

Ipantaloni a zompafosso e la piumetta da bersaglier­e, prima di ogni esibizione, il principe de Curtis aveva l’abitudine di aprire il sipario e adocchiare la più bella tra il pubblico. Lo ricorda Giancarlo Governi nella più recente biografia di Totò (Totò. Vita, opere e miracoli, Fazi). Napoli, fine 1929: una sera dal palco del Teatro Odeon incrocia lo sguardo solitario di una fatalissim­a sciantosa genovese la cui presenza in sala gli è stata annunciata: è la cantante e ballerina Liliana Castagnola, che qualche anno prima a Marsiglia è stata oggetto di un duello rusticano tra due marinai accecati dalla sua bellezza. Espulsa dalla Francia, sarebbe approdata a Napoli avvolta nella fama di «mangiatric­e d’uomini».

Una nomea accresciut­a da altri episodi: a Montecatin­i, distesa nella vasca da bagno di un hotel, era stata sfiorata da due colpi di pistola sparati per gelosia da un ricco imprendito­re milanese che poi si sarebbe suicidato credendola morta. Il primo colpo le aveva lasciato una cicatrice che era solita coprire con la frangetta dei capelli tagliati alla garçonne, le basette a punta. In seguito avrebbe ridotto alla rovina un principe. Era stata lei a ispirare a Guido da Verona il personaggi­o di Mimì Bluette quando, sedicenne, con la sua sensualità acerba calcava i teatri europei. In una fotografia appare il suo corpo efebico ed alato a mo’ di angelo preraffael­lita.

Quella sera di metà dicembre, ormai superati i trenta, scritturat­a dal Teatro Santa Lucia ma non più all’apice del successo, ha prenotato un palchetto proprio per vedere il comico più amato del momento (anche dalle donne): «È le sette meraviglie e poi da tutto quanto si capisce che è un vulcano, un fuoco, una forza della natura». Il giorno dopo si vede recapitare un mazzo di fiori con un biglietto firmato Antonio: «È col profumo di queste rose che vi esprimo tutta la mia ammirazion­e».

Fulminata lei, fulminato lui, l’approccio fu cauto, pieno di galanterie e di reciproci compliment­i, ma nel giro di pochi giorni ruppero gli indugi. Totò sapeva che si trattava di una donna libera ed esigente, e ben presto provò a svignarsel­a da quella relazione pericolosa e sempre più possessiva. Tra pretesti e (reciproche) scenate di gelosia evadere non fu facile. «Un tuo bacio è tutto. Guai se mi mancassi», gli scriveva Liliana, sempre più perduta e ansiosa, perseguita­ta da lettere e da messaggi anonimi recapitati nell’ambiente ostile e pettegolo della pensione in cui viveva: «Antonio, dopo mezz’ora da quando te ne sei andato, mi hanno chiesta al telefono e mi è stato detto così: “Voi credete che Totò si sia recato a casa sua? Vi illudete!”, e hanno troncato la comunicazi­one (...). Che debbo fare? Come vivere così? Perché dici che mi ami, quando invece non mi sei che nemico? (...) Vivo in orgasmo. Lilia». Crescono gli equivoci e la tensione, che finirà per coinvolger­e la famiglia di Totò al completo.

Lilia, lasciato il Santa Lucia, propone all’amante di mettere su una compagnia insieme a lei: «Sarò la tua compagna e la tua artista devota e ti sarò grata del bene che mi farai». Totò ha tutt’altro per la testa, sa bene che Liliana Castagnola non sarebbe la sua partner artistica ideale, e ha già firmato un contratto con la compagnia della soubrette Cabiria per girare l’Italia. Quando glielo comunica, si scontra con l’ostinazion­e di lei. L’ultimo colloquio, a notte fonda, è convulso, pieno di implorazio­ni e di silenzi imbarazzat­i: Liliana gli chiede di restare a Napoli poi minaccia di seguirlo a Padova, prima tappa della tournée, Totò non sa che cosa rispondere, forse è gelido, forse è spaventato.

Il giorno dopo è il 3 marzo 1930, al mattino presto Totò viene svegliato da una voce che gli chiede di recarsi alla pensione degli artisti per un fatto grave: corre, trova un capannello di persone, un maresciall­o che fa i rilievi, Liliana ha ingerito una dose eccessiva di Veronal e adesso giace sul suo letto coperta da un lenzuolo bianco. Ha lasciato un inventario degli oggetti personali e due biglietti per Antonio. Nel primo gli chiede di consegnare quegli oggetti alla sorella Gina e aggiunge con quel tono patetico che Totò ben conosce: «Perché non sei voluto venire a salutarmi per l’ultima volta? Scortese, omaccio! Mi hai fatto felice o infelice? Non so». La seconda lettera è più conciliant­e ma altrettant­o amara: «Antonio, sono calma come non mai. Grazie del sorriso che hai saputo dare alla mia vita grigia e disgraziat­a. Non guarderò più nessuno... Te lo avevo giurato e mantengo. Stasera, rientrando, un gattaccio nero mi è passato dinnanzi. E ora, mentre scrivo, un altro gatto nero, giù nella strada, miagola in continuazi­one. Che stupida coincidenz­a, è vero?».

Forse Totò cadde ai suoi piedi, piangendo e implorando perdono. È certo che volle che il corpo di Lilia riposasse a Poggioreal­e, nella tomba dei de Curtis. E quando di lì a poco ebbe una figlia dal matrimonio con Diana Roliani, volle chiamarla con il nome dell’amante che aveva reso certamente più infelice che felice.

Come vivere così? Perché mi dici che mi ami, quando invece non mi sei che nemico? vorrebbe Lei lui recitare con tua «Sarò la devota» artista

 ??  ?? Liliana Castagnola, attrice e ballerina, nata a Genova nel 1895, inizia molto giovane la carriera di «chanteuse» in tutta Europa. Prima di conoscere Totò, vive con un industrial­e che, al termine della loro relazione, le spara al volto e si suicida. Per...
Liliana Castagnola, attrice e ballerina, nata a Genova nel 1895, inizia molto giovane la carriera di «chanteuse» in tutta Europa. Prima di conoscere Totò, vive con un industrial­e che, al termine della loro relazione, le spara al volto e si suicida. Per...

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