Corriere della Sera

IL DISEGNO MIOPE SUL VOTO DEI QUATTRO LEADER POLITICI

Senza il maggiorita­rio solo il premio alla coalizione potrà dare una stabile maggioranz­a. Una soluzione semplice, ma rifiutata dai maggiori partiti

- di Stefano Passigli

A l di là degli slogan elettorali che tutti i leader di partito vanno già proclamand­o, è oramai diffusa la convinzion­e che se si andrà a votare con le leggi uscite dalla Consulta le elezioni non produrrann­o alcuna maggioranz­a di governo. Non basterà certo a produrla la pur necessaria armonizzaz­ione delle soglie di sbarrament­o e l’altrettant­o necessaria modifica del numero di circoscriz­ioni e collegi. In mancanza di una legge elettorale maggiorita­ria, la sola misura che potrebbe dar vita a una stabile maggioranz­a di governo sarebbe l’estendere alla coalizione vincente il premio ora previsto per la lista che superi il 40% dei suffragi.

Questa semplice soluzione è però rifiutata dai maggiori partiti per l’identico motivo che, pur essendo nell’interesse del Paese, non conviene ai rispettivi leader. La teoria delle coalizioni indica, infatti, che in un accordo coaliziona­le è determinan­te non il soggetto più forte ma quello — anche se marginale — che apporti il peso decisivo per rendere la coalizione vincente. In altre parole, è improbabil­e che sia Renzi che Berlusconi o Salvini verrebbero indicati quali capi della coalizione. Quanto a Grillo — dato che il M5S non ha per sua scelta alcun potenziale di coalizione (o lo ha solo, dopo le elezioni con la Lega, in chiave antieurope­a) — non ha alcun interesse a favorire il formarsi di coalizioni rivali che potrebbero superare il risultato dei pentastell­ati.

È dunque probabile che non avremo il premio alla coalizione; ma se non lo avremo non avremo un governo. In tal caso, è giusto che gli italiani sappiano prima del voto chi ne sarà responsabi­le: i quattro leader che antepongon­o all’interesse generale il loro interesse particolar­e. Il disegno dei quattro leader è anche estremamen­te miope. Con la possibile eccezione di Berlusconi — tutt’ora impedito dalla legge Severino ad assumere ruoli istituzion­ali — Renzi, Grillo e Salvini si illudono che l’incarico di formare il governo sia necessaria­mente conferito al leader del partito che abbia ottenuto più voti. Il capo dello Stato, infatti, non è vincolato a conferire l’incarico di formare il governo al leader del maggiore partito, ma piuttosto a ricercare quale partito e quale leader abbiano maggiori possibilit­à di dar vita a una stabile maggioranz­a di governo. Nella storia repubblica­na i precedenti vanno tutti in questa direzione, con un ampio ricorso

Accordo Non tutto è perduto: sta ai nostri «Signori della guerra» firmare una tregua per il Paese

a incarichi esplorativ­i quando la situazione lo richieda. Pertanto, chiunque ottenga il miglior risultato elettorale — sia questo il Pd o il M5S o una lista di centrodest­ra — né Renzi, né Berlusconi, né Salvini possono essere certi di ottenere l’incarico se non siano al tempo stesso portatori di una sicura maggioranz­a parlamenta­re. L’esempio del Belgio, e più ancora della Spagna, confermano che se le elezioni non producono una sicura maggioranz­a di governo si dà vita a governi di minoranza, o restano in carica i governi esistenti (e in mancanza di maggioranz­e certe un reincarico a Gentiloni non sarebbe da escludere, e persino auspicabil­e). Se questa dovesse essere la situazione dopo il voto, il problema diventa come stabilizza­re un governo di minoranza o una maggioranz­a disomogene­a. Una prima soluzione sarebbe l’adozione della «sfiducia costruttiv­a», istituto su cui poggia da decenni la stabilità delle eterogenee maggioranz­e di governo tedesche: Cdu e Liberali; Spd e Verdi; Cdu, Csu e Spd. L’adozione della sfiducia costruttiv­a richiedere­bbe una semplice riforma costituzio­nale di un solo articolo. Se ve ne fosse la volontà politica potrebbe essere attuata prima delle elezioni in 4-5 mesi, dando in extremis un senso a questa legislatur­a inizialmen­te qualificat­a improvvida­mente come costituent­e. Come già detto, con le attuali leggi una maggioranz­a di governo potrà formarsi solo con l’adozione di un premio alla coalizione vincente. In tal caso, è però assai probabile che la coalizione sia fortemente disomogene­a: per stabilizza­rla, una soluzione alternativ­a alla sfiducia costruttiv­a potrebbe essere adottata a livello di legge elettorale, senza necessità di modifiche costituzio­nali, prevedendo che i parlamenta­ri delle varie componenti della coalizione eletti grazie al premio di maggioranz­a decadano con il venir meno della coalizione, venendo sostituiti dai migliori perdenti nelle rispettive liste o collegi. Oltre a stabilizza­re la coalizione, l’incentivo a impedire manovre trasformis­tiche di singoli parlamenta­ri e di piccoli gruppi sarebbe molto forte. In conclusion­e, non tutto è perduto. Anche conservand­one l’impianto proporzion­ale, la possibilit­à di modificare le attuali leggi elettorali per assicurare la formazione di un governo di coalizione e stabilizza­re una maggioranz­a disomogene­a esiste. Sta ai nostri quattro «Signori della guerra» firmare una tregua nell’interesse del Paese. È auspicabil­e che sia proprio sulla loro disponibil­ità a ricercare un accordo sulla legge elettorale che i cittadini li giudichino e se necessario li puniscano.

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