Rcs mediagroup rifinanzia il debito, scadenza al 2022
Sottoscritto l’accordo da 332 milioni con il pool di banche coordinate da Intesa Sanpaolo
Rcs MediaGroup ha sottoscritto venerdì scorso il contratto di finanziamento con le banche. Accanto a Intesa Sanpaolo, con la quale è stato raggiunto l’accordo comunicato il 5 luglio, c’è un pool che comprende, oltre a Banca Imi quale istituto organizzatore, agente e coordinatore, e la stessa Intesa in qualità di finanziatore, Banca Popolare di Milano, Mediobanca, Ubi e UniCredit con il ruolo di banche organizzatrici e finanziatori. Come già indicato al momento della comunicazione relativa all’accordo sul term sheet raggiunto con Intesa Sanpaolo, il contratto prevede un finanziamento di 332 milioni con scadenza al 31 dicembre 2022 finalizzato al rifinanziamento totale del debito bancario il cui contratto originale risale al giugno 2013, poi modificato nel tempo, l’ultima volta nel giugno 2016.
«Se Intesa si è spinta in avanti accollandosi in prima battuta l’onere dell’operazione», dice Urbano Cairo, presidente, amministratore delegato e azionista di controllo con circa il 60% di Rcs, editore del Corriere della Sera, «senza dubbio la costituzione del pool testimonia una volta di più l’apprezzamento delle banche verso il nostro lavoro, che dà i suoi frutti come dimostra il ritorno all’utile semestrale, 24 milioni e quindi importante, dopo nove anni. E posso dire con soddisfazione che alcuni istituti avrebbero gradito partecipare con quote anche più “rotonde” a questo rifinanziamento». Inoltre, sottolinea Cairo, le condizioni del contratto «con la scadenza passata dal 2019 al 2022, oneri più favorevoli e un solo covenant» (vincolo che regola il prestito), «ci lasciano mani più libere per muoverci rispetto a opportunità che eventualmente si presentassero su un mercato come quello dell’editoria, così veloce nei cambiamenti e in costante movimento. Certo, detto questo gli istituiti conoscono la nostra prudenza...».
Il tasso d’interesse annuo, si legge nella nota Rcs MediaGroup, sarà pari «alla somma di euribor di riferimento e un margine variabile, secondo il leverage ratio (il rapporto fra posizione finanziaria netta e margine operativo lordo) più favorevole per la società rispetto ai margini previsti dall’attuale finanziamento». Il solo covenant (il vecchio accordo prevedeva vincoli anche su patrimonio netto e debito complessivo) sarà rappresentato appunto dal leverage ratio che non dovrà essere superiore a 3,45 volte a fine anno, a 3,25 volte a fine 2018 e a 3 per gli anni successivi.