Il cardinale mondano che impose la lingua di Dante
L’alloro e la porpora. Vita di Pietro Bembo (Edizioni di Storia e Letteratura, pagine 202,
26) il libro che Marco Faini ha dedicato alla figura e all’opera del grande umanista
● Il lavoro è stato realizzato grazie all’impegno della Fondation BarbierMueller pour l’étude de la poésie italienne de la Renaissance. È stato pubblicato nel contempo in tre lingue: italiano, inglese e francese
● Nato a Brescia nel 1976, Marco Faini è uno specialista degli studi sul Rinascimento. Lavora come ricercatore presso il dipartimento di Italiano dell’Università di Cambridge
Ai suoi tempi, la fama di Pietro Bembo fu grandissima, e ciò non sorprende per una personalità già singolare per la sua biografia ora descritta con passione, ma anche con molta cura da Marco Faini, nel volume L’alloro e la porpora. Vita di Pietro Bembo, pubblicato dalle Edizioni di Storia e Letteratura.
Di nobile famiglia veneziana, Bembo non ebbe tuttavia successo nel tentativo di assumere cariche e uffici pubblici, secondo il costume dell’oligarchia lagunare. In realtà, ventenne, nel 1490, Pietro aveva già deciso la sua strada: quella di letterato e scrittore, nell’ampio senso proprio alla cultura e alla prassi dell’Umanesimo, allora al suo apogeo.
Frequentò, quindi, le maggiori corti e case del Rinascimento italiano: Medici a Firenze, Montefeltro a Urbino, Este a Ferrara, Gonzaga a Mantova, i pontefici a Roma. Molti gli amori, tra i quali Lucrezia Borgia (che con lui scambiò lettere, in una delle quali gli inviò una ciocca dei suoi biondissimi capelli). Moltissime le amicizie coi maggiori intellettuali del tempo e con artisti come Raffaello Sanzio. Una vita mondana passata per tutte le raffinatezze del tempo, con varie, e non solo giovanili, licenziosità. Poi si avviò alla carriera ecclesiastica, ma ciò non gli impedì affatto di portarsi a Roma una giovane veneziana (una cortigiana), e di averne tre figli. Alla fine, comunque, nel 1539, il papa Paolo III lo nominò cardinale e vescovo prima di Gubbio e poi di Bergamo, finché nel gennaio 1547 si spense.
Una vita da vero aristocratico, da grande intellettuale e da alto prelato del Rinascimento. Con tutto ciò anche sempre una più che ammirevole assiduità al lavoro intellettuale, con un vigore inesausto fin all’ultimo. Non era