Voglia di (auto)celebrarsi
È di moda il tour monografico per festeggiare l’album-cult U2, Springsteen, Interpol: tutti quelli che suonano l’intero disco in una sola sera
Gli Interpol non sono mai stati una band indie qualunque. Sono come certi modellini che tutti cercano di replicare. Il rullino della storia va riavvolta al 2002. Ai tempi di «Turn on the Bright Lights», una pietra miliare nel mercato indie. Un rock sottovoce, in total black come sarebbe piaciuto a Cure e Joy Division. Per questo la band di Paul Banks e Daniel Kessler ha deciso a 15 anni di distanza di festeggiare l’anniversario di quel disco per cui la critica ha versato i migliori fiumi d’inchiostro.
Un omaggio a se stessi nell’anno in cui gli U2 per festeggiare la ricorrenza (in quel caso sacra) di «The Joshua Tree», l’album in cui fanno a fettine la mitologia americana, stanno riportando dal vivo integralmente il disco. Un’operazione nostalgia che negli ultimi anni va di moda. È successo con Bruce Springsteen, uno che per amore del suo pubblico si è sempre divertito a scherzare con le scalette. Suonando per intero (soprattutto nelle date italiane) dischi capolavoro come «Born To Run» o «Born in the Usa». Ma l’anno scorso il Boss ha deciso di organizzare un vero e proprio tour celebrativo del suo concept album del 1980, «The River». Anche Peter Gabriel ha soffiato in un lunghissimo tour commemorativo le candeline dei 25 anni di «So», il suo album cult datato 1986. In Italia invece è successo a Francesco De Gregori, che nel 2015 ha celebrato i 40 anni di «Rimmel» suonando l’album per intero all’Arena di Verona circondato da amici-colleghi.
Gli Interpol arrivano il 22 agosto ad Asolo e il 23 al Carroponte di Milano: per la band newyorchese sarà un ritorno in Italia a due anni di distanza dall’ultimo show. Tappe di un tour dove suoneranno per intero le canzoni del loro album di debutto che li ha consacrati come fenomeno indie mondiale, superando il milione di copie vendute. «Con pochi soldi e meno tempo a disposizione era più facile centrare un disco. Non abbiamo nemmeno perso tempo per diventare amici. La testa era solo per la musica. Quell’album resta attuale: oggi suona arricchito da quello che in questi 15 anni abbiamo imparato dalla vita. Per esempio dalla vita nomade che questo lavoro ci ha costretto a fare. Mentre intorno tutti gli altri diventavano grandi sposandosi e facendo dei figli. Oggi siamo più aperti, è il frutto di un’evoluzione naturale» racconta Kessler, buttando lì qualche parola di un italiano imparato nei 7 anni d’amore con Valeria Bilello. Che prima di essere un’attrice era una vj e proprio durante un’intervista agli Interpol aveva conosciuto Kessler.
Gli Interpol hanno continuato a produrre musica con lo spirito da cantina degli inizi nonostante fossero ormai la band celebrata da Rolling Stone, invitata in studio da David Letterman o ai grandi festival come il Coachella. «La nostra forza è non esserci mai fatti schiacciare dall’etichetta. Perché le cose migliori te le regala la vita vera: una mostra, un grande film al cinema. Che resta la nostra più pura fonte di ispirazione» aggiunge Kessler, inglese di nascita, americano d’adozione, milanese (e francese) di passaggio.
E dato che un po’ nostalgici lo sono per davvero hanno deciso di pubblicare il 18 agosto anche un’edizione celebrativa di «Our Love Admire», il loro primo disco uscito con una major 10 anni fa.
Il terzetto newyorchese (della band in pianta stabile fa parte anche il batterista Sam Fogarino) è ora però al lavoro (senza fretta) sul nuovo disco, che potrebbe uscire nel 2018. In tipico stile Interpol dallo studio filtra il meno possibile: «Tutti ci considerano come quelli che hanno ripescato i suoni degli anni 80. Ma il nostro obiettivo è sempre stato guardare avanti. L’unica concessione al passato la faccio con le chitarre. Pesco sempre pezzi con una cinquantina d’anni di vissuto. Devono avere personalità».
Esperienza Kessler: il sound di quei brani oggi è arricchito da quello che abbiamo imparato dalla vita