Bolt batte Lewis e Owens È il giamaicano il re dello sprint di ogni epoca
Berruti: «Usain vince anche per la leggerezza»
Owens. Lewis. Bolt. Tre spari nel buio. L’atletica, dopo, non è più stata la stessa. Certi confronti sono affascinanti proprio in quanto impossibili, perché nessuno si sognerebbe mai di paragonare un nero dell’Alabama venuto al mondo insieme a Richard Nixon, la reincarnazione del vento che ha spazzato gli anni 80/90 e un Lampo cresciuto nelle piantagioni di velocità dalla Giamaica.
Archiviata l’era Bolt (sabato l’oro nella 4x100 chiuderà, dopo le polemiche per i 100 vinti da Gatlin, un decennio irripetibile), è arrivato il momento di chiedersi se — in assoluto — valgano più quattro ori sbandierati sotto il naso di Hitler in un’Olimpiade (Berlino 1936) che più che alle pagine di sport appartiene a quelle di storia, nove correndo come un indemoniato e saltando meglio di una cavalletta o otto (maledetto Carter…) facendo, al meglio, un mestiere solo: lo sprint.
È chiaro che dal Jesse Owens dei primordi, capace di realizzare in 45 minuti tre record del mondo ed eguagliarne un quarto (lungo in 8,13, 220 yards piane in 20”3 e 220 yards a ostacoli in 22”6, 100 yards 9”4: era il 25 maggio 1935) e di conquistare in una settimana quattro titoli nella Germania nazista, all’Usain Bolt di Londra
(Usa) Falcata: 2,22 m 2017, appannato senza appannare la leggenda, è cambiato tutto. Mondo, materiali, piste, metodi di allenamento, per limitarci al minimo sindacale. Ma il tema è appassionante, accademia alla media di 37,578 km orari, la velocità (con punta vicino ai 45 km/h) toccata da Bolt nel primato mondiale nei 100 (Berlino, 16 agosto 2009), piazzando l’asticella in paradiso.
L’eroe di Roma ’60, Livio Berruti, sceglie il giamaicano. «Owens è l’antenato senza il quale nessuno di noi sarebbe esistito. Lewis la prima vera star. Bolt un superdotato meno duttile dei predecessori ma con una struttura morfologica unica — spiega il ragazzino torinese 78enne, oro nei 200 cinquantasette anni fa —. Io lo preferisco per l’atteggiamento scanzonato e goliardico, senza mai essere irrispettoso. Anch’io intendevo l’atletica con quella leggerezza. È il messaggio più bello che si possa mandare ai giovani». Al di là degli errori del Lampo in questo suo ultimo Mondiale («Da principiante: si è preparato in maniera superficiale, nei 100 era una molla scarica»), Bolt è la scelta anche di Stefano Tilli, ex sprinter azzurro. «Dimentichiamoci i successi e le medaglie. Mi limito Jesse Owens Carl Lewis Usain Bolt passi 45 passi 43