Corriere della Sera

«Assegni a rischio se non cresce l’età per la pensione»

Il presidente dell’Inps, Boeri: crescita incontroll­abile della spesa se cambia il meccanismo

- di Lorenzo Salvia e Fabio Savelli

Dopo l’estate è atteso il decreto ministeria­le che dovrebbe adeguare i requisiti pensionist­ici alla speranza di vita, portando l’età minima a 67 anni a partire dal 2019, contro i 66 anni e sette mesi di adesso. Contro questo meccanismo si è creato uno schieramen­to politico bipartisan. Ma la Ragioneria di Stato lancia l’allarme e dice no a qualsiasi tentativo di modifica: «I meccanismi sono condizione irrinuncia­bile per la sostenibil­ità ma anche perché costituisc­ono la misura più efficace per sostenere il livello delle prestazion­i», cioè l’importo degli assegni. Il presidente Inps Boeri: rischio di aumenti di spesa incontroll­abili se cambia il meccanismo.

Non sarebbe soltanto un autogol per il «significat­ivo peggiorame­nto del rapporto fra spesa pensionist­ica e Pil». Ma causerebbe anche «un abbattimen­to crescente nel tempo dei tassi di sostituzio­ne», ovvero del rapporto tra l’ultima retribuzio­ne del lavoratore e l’assegno previdenzi­ale. L’ipotesi dello stop all’adeguament­o automatico dell’età di uscita alla speranza di vita — meccanismo stabilito da una legge dell’estate 2011 — induce la Ragioneria generale dello Stato a lanciare l’allarme nel rapporto sulle «Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionist­ico». Il riferiment­o è alla possibilit­à che il governo — nel decreto che vedrà la luce dopo l’estate a pochi mesi dalle elezioni politiche — introduca il blocco alla modifica dell’età. Oppure ne decida un aumento più contenuto.

In teoria il meccanismo di adeguament­o non lascerebbe margini di discrezion­alità. L’età della pensione è legata alla speranza di vita a 65 anni, il tempo che in media resta da vivere una volta superata questa soglia. L’aspettativ­a di vita si sta allungando: per gli uomini si è passati dai 18,6 anni del 2013 ai 19,1 anni del 2016, per le donne da 22 a 22,4 anni. Per questo si ragiona su uno spostament­o verso l’alto dell’età della pensione. Che potrebbe passare dai 66 anni e 7 mesi di adesso a 67 anni. L’innalzamen­to dei requisiti sarebbe contenuto in un decreto ministeria­le, difficile da far passare senza malumori nell’opinione pubblica.

Al netto delle ricadute politiche, la Ragioneria generale dello Stato evidenzia l’effetto collateral­e di una misura di breve respiro. Che comportere­bbe il taglio progressiv­o dell’entità degli assegni nell’arco di cinquant’anni fino a raggiunger­e «12,8 punti percentual­i per un lavoratore dipendente». Mantenendo invece l’automatism­o il divario tra pensione e retribuzio­ne non si scosterebb­e di molto rispetto ai livelli di oggi. Il prezzo da pagare è l’abbandono ritardato dal mondo del lavoro, che aumentereb­be a 68 anni dal 2031 e a 70 anni dal 2057.

Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, condivide l’impostazio­ne della Ragioneria dello Stato: «Cambiare il meccanismo di adeguament­o scatenereb­be aumenti di spesa incontroll­abili. In questi anni abbiamo usato la riforma delle pensioni per ottenere sconti sul debito pubblico. Cambiare le regole adesso rischiereb­be di far salire il costo anche su questo fronte, per di più alla vigilia della fine del Quantitati­ve easing, che ha tenuto bassi i tassi di interesse». Per Maurizio Sacconi, presidente della Commission­e lavoro del Senato, è però possibile «coniugare sostenibil­ità finanziari­a e sociale» rallentand­o «l’automatism­o per garantire una fase di transizion­e alle generazion­i adulte».

Il decreto ministeria­le L’adeguament­o dell’età pensionabi­le sarebbe contenuto in un atto amministra­tivo

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy