Il costo del rinvio? Almeno 1,2 miliardi l’anno
Ma quanto costerebbe cambiare (un’altra volta) le regole sulle pensioni? Cancellare completamente il meccanismo che aggancia l’età del ritiro alla speranza di vita comporterebbe una spesa aggiuntiva di 141 miliardi di euro, da qui al 2050. Un’enormità, pari a 7 volte il peso previsto per la prossima legge di Bilancio, la vecchia Finanziaria. La cifra è stata indicata dal presidente dell’Inps Tito Boeri. E tiene conto, in ogni caso, dell’aumento a 67 anni, rispetto ai 66 e 7 mesi di adesso, che scatterebbe nel 2021, come previsto dalla clausola di salvaguardia, uno scatto del tutto automatico introdotto su richiesta della commissione di Bruxelles e della Banca centrale europea. Finora, però, nessuno ha chiesto la completa cancellazione del meccanismo.
Sul tavolo c’è l’idea di una progressione più graduale. E su questo ci sono stime variabili. Le cifre parlano di un aumento di spesa pari ad almeno 1,2 miliardi di euro per ogni anno di rinvio rispetto alla scadenza considerata naturale, quella dei 67 anni a partire dal 2019. Un costo che sarebbe comunque «strutturale», e quindi da coprire ogni anno.
Il meccanismo è stato introdotto per legge nell’estate del 2011, quella che portò alla fine del governo di Silvio Berlusconi con l’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Monti. Da quel momento in poi i requisiti pensionistici sono agganciati alla speranza di vita a 65 anni, cioè il tempo che in media resta da vivere una volta superata questa soglia. Un periodo di tempo che si sta allungando anche se gli ultimi dati aggiornati saranno comunicati dall’Istat al governo dopo l’estate. A quel punto a certificare l’adeguamento sarà un decreto ministeriale, un atto amministrativo che non ha bisogno del passaggio parlamentare. Per questo lo scontro è proprio sulla legge che ha introdotto il meccanismo. Senza modifiche a quel testo, possibili di fatto solo con la prossima legge di Bilancio, l’innalzamento a 67 anni a partire dal 2019 appare in questo momento scontato.