Fece riemergere la Concordia, ma ora Micoperi può affondare
Debiti per 120 milioni, chiede agli obbligazionisti di rinviare il rimborso per 35
Sarebbe una beffa: rischia di finire sotto la linea di galleggiamento l’azienda che ha tirato su dai fondali del Giglio la Costa Concordia affondata dal comandante Schettino.
La Micoperi ha una storia, una flotta di proprietà e competenze tecniche che ne fanno uno dei leader nei servizi all’offshore petrolifero e nei lavori marittimi e subacquei. Ed è per questo, per il livello della sua ingegneria subacquea, che vinse l’appalto, insieme all’americana Titan, per la rimozione del relitto della Costa Concordia.
Oggi però Micoperi ha anche un debito (120 milioni) che fatica a sostenere. Il 3 agosto doveva essere una data decisiva per il futuro dell’azienda ravennate di proprietà di Silvio Bartolotti che ha subito pesantemente la crisi del settore petrolifero dovuta al calo del prezzo del greggio. Per certi versi anche il crac della Popolare Vicenza ha avuto il suo impatto sull’azienda che, tra l’altro, è presieduta l’ex Ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio, vicepresidente a Vicenza nell’epoca Zonin.
Il 3 agosto, appunto, Bartolotti aveva convocato in assemblea gli obbligazionisti ai quali, in sostanza, chiedeva di rinunciare a pretendere il rimborso immediato del bond da 35 milioni, un’eventualità che rischierebbe di affondare la società, proprio in una fase di ripresa del mercato.
Gli obbligazionisti potrebbero farlo, cioè potrebbero farsi rimborsare i soldi del prestito perché Micoperi non ha rispettato una serie di impegni contrattuali e parametri finanziari. Tuttavia l’assemblea non ha raggiunto il quorum delle presenze facendo slittare a settembre la decisione. Serviva, tra l’altro, un quorum qualificato (50% delle obbligazioni più una) perché è da deliberare anche il delisting del prestito.
Slittata l’assemblea a settembre, slitta anche l’approvazione del bilancio 2016 con relativa certificazione perché senza il «lasciapassare» dei bondholder la continuità aziendale non è tecnicamente garantita sebbene il mercato sia in netta ripresa e già produca i suoi effetti nel portafoglio ordini.
Nel primo trimestre 2017 i ricavi sono stati di 30 milioni con un margine (ebitda) negativo di 6 milioni rispetto ai -11 milioni preventivati nel piano industriale. I dati pro forma del 2016 indicano un fatturato in netto calo a 90 milioni e una perdita di 28 milioni. Particolarmente delicata la situazione dello scaduto con i fornitori.
Bastano poche cifre per dare la misura dell’impatto della crisi del settore Oil & Gas su Micoperi che opera principalmente nell’offshore petrolifero. Il fatturato 2013 era di 433 milioni, nel 2015 meno La Costa Concordia arenata al largo della costa dell’isola del Giglio dove naufragò la sera del 13 gennaio 2012: il recupero del relitto iniziò nel settembre del 2013 della metà, nel 2016, come detto, 90 milioni.
Ora, con un mercato in ripresa, l’azienda chiede tempo agli obbligazionisti. Già lo scorso anno, in una situazione analoga, avevano dato fiducia a Bartolotti pur svalutando i titoli in bilancio. È assai probabile che lo stesso facciano a settembre, conoscendo le potenzialità dell’azienda.
Si tratta di investitori istituzionali come, per esempio, le fondazioni delle casse di Vercelli, Imola, Lucca, Pescarabruzzo, il gruppo assicurativo Itas e vari fondi di Arca sgr. Quest’ultima è partecipata al 20% da Popolare Vicenza che nel 2015 si occupò di collocare il prestito quinquennale al tasso del 5,75%, sottoscrivendone una parte.
A Monorchio, tra l’altro, la procura vicentina avrebbe contestato un finanziamento «baciato» di Micoperi da pochi milioni per acquistare azioni della Popolare (titoli che poi si è accollato Bartolotti caricando la perdita sulla holding di famiglia).
Dunque adesso è una fase di stallo in attesa che si pronuncino formalmente gli obbligazionisti per poi varare il bilancio. Così la Micoperi potrà cominciare a tirarsi su.
L’assemblea La prima assemblea del 3 agosto non ha raggiunto il quorum: decisione a settembre