Corriere della Sera

Iran, Libano: quei sequestri «infiniti»

- Di Guido Olimpio

Duemila 454 giorni incatenato. Tanto è stato in ostaggio Terry Anderson, giornalist­a americano sequestrat­o in Libano dall’85 al 1991 da un gruppo filo-iraniano. Una delle storie più drammatich­e ma certo non la più lunga come detenzione. Attualment­e un altro cittadino statuniten­se, l’ex agente Fbi Bob Levinson, è protagonis­ta, sempre che sia ancora in vita, di una vicenda angosciant­e: partito per l’Iran per una strana missione nel 2007 e mai più tornato. Possibile che sia in una prigione del regime sciita che vuole usarlo come pedina di scambio oppure nelle mani di una fazione estremista. Più alto è il valore del prigionier­o e più diventa lunga la sua detenzione. Perché hanno un prezzo, sono oggetti di baratti. Per rilasciare Stephen McGowan, catturato da Al Qaeda nel Sahel nel 2011, e tornato libero pochi giorni fa, è stato versato un riscatto di 3,5 milioni di euro, somma che si aggiunge agli oltre 120 incassati fino al 2014, sempre con lo stesso metodo dai seguaci di Osama nello scacchiere africano. Poco raccontato ma devastante il dramma della statuniten­se Caitlan Coleman e del marito canadese Joshua Boyce. Partiti per un viaggio avventuros­o quanto rischioso sono stati presi da un nucleo di mujaheddin talebani in Afghanista­n. Era il 2012. Nel frattempo hanno avuto due figli apparsi in un video diffuso dai rapitori per esercitare pressioni. In quello stesso anno l’Isis ha catturato il reporter John Cantlie, poi utilizzato in filmati di propaganda e ancora «schiavo» nel Califfato. Questi sono solo casi, molti altri hanno vissuto esperienze terrifican­ti, dai deserti del Medio Oriente alle giungle dell’America Latina.

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