Addio all’imperatrice delle notti parigine Una vita di dolori e follie nei club di Pigalle
IL PERSONAGGIO HÉLÈNE MARTINI Di madre russa, scampata alle persecuzioni, modella, infine proprietaria delle Folies Bergère
che comprare e vendere locali notturni, perfino a Las Vegas, e portare in scena gli astri del momento: Josephine Baker, Jacques Brel, Edith Piaf, Charles Aznavour, Dalida e Frank Sinatra, che ogni volta spiegava, serio, alla moglie: «Hélène è la mia boss». Complimento un po’ ambiguo viste le voci correnti su «the Voice», ma la sovrana incontrastata della Parigi by night si è sempre guardata dal prendere le distanze dall’amico americano: «I gangster sono ovunque, a Parigi come a Vegas», sorrideva elusiva. Negli Stati Uniti era arrivata nel 1952, per aprire il «French Casinò» dove si esibiva Sinatra e dove, per la prima volta, montò sul palco il pugile Sugar Ray Robinson.
La Ville Lumière si è congedata con tristezza da chi ha saputo farla brillare, spuntando dal buio della guerra con un bagaglio di sofferenza indescrivibile: padre francese, madre russa, Hélène de Creyssac era cresciuta impregnandosi di entrambe le culture ed era l’ultima superstite di una nobile famiglia installata in quella parte di Polonia che oggi appartiene alla Bielorussia. Aveva ● Ultimo, ma non ultimo, il famosissimo cantante francese di origine armena, Charles Aznavour è andato più volte in scena nei club di Hélène 14 anni, quando le truppe tedesche invasero il suo Paese e imparò a vivere «aspettando la morte», come ricordava senza enfasi. Aveva già perso i genitori quando un ufficiale russo ubriaco le puntò una pistola biascicando «adesso ti ammazzo» e mancandola di poco: «Lo ammansii mettendomi a recitare in russo interi brani di Gogol», raccontava Hélène. L’autore de Le anime morte sarebbe stato contento di sapere di averne salvata una con la sua prosa. E la madre di Hélène, ancora di più, di averle fatto amare fin da bambina la letteratura russa.
Quando arrivò a Parigi, nel 1945, Hélène aveva vent’anni, era sola al mondo e possedeva un unico paio di pantaloni che si era cucita da sola. Un’amica la condusse alle «Folies Berera gère» a cercare lavoro e, in effetti, fu assunta davvero, non come ballerina, ma come mannequin. Anche se perse poco dopo l’impiego, perché si messa a chiacchierare sul palco. Poco male: se le sarebbe ricomprate, quelle Follie, trent’anni più tardi, pagandole in contanti. Leggenda vuole che nel frattempo avesse vinto tre milioni di vecchi franchi al lotto, ma la sua vera fortuna fu quella di entrare in una libreria del quartiere Latino assieme a Nachat Martini, un avvocato di origine siriana che aveva abbandonato la Siria nel 1947 e che non faceva mistero di essere stato un agente segreto.
La coppia si rivelò un tandem insuperabile nel gestire gli affari del divertimento notturno: Pigalle era il loro terreno di caccia, ma era frequentato da lupi dai canini più affilati
Padrona di 17 locali Vedova, gestisce da sola un regno di locali, arriva ad aprirne anche a Las Vegas
e i novizi rischiarono la bancarotta. Pazienza: si ricomincia, sempre. Neanche la morte del marito riuscì a fermare Hélène. Dal 1960 continuò, di nuovo sola, a costruire il suo impero di lustrini e paillettes: si alzava puntualmente alle due meno un quarto del pomeriggio e concludeva la sua giornata lavorativa alle 7 della mattina dopo. L’occhio della padrona curava le sue «creature»: il «Drap d’Or», sui Champs Elysées, «Les Bouffes Parisiens», storico teatro fondato nel 1855 dal compositore Jacques Offenbach, «Mogador», la «Comédie de Paris» e i club russi che riescono ad attenuare le sue nostalgie per la madre patria, il famoso «Rasputine» e il «Shéhérazade».
Dal «Folies Pigalle» duella con la concorrenza del «Moulin Rouge», a duecento metri di distanza. Ma è nel ‘74 che realizza il sogno della giovinezza: rientrare da proprietaria al music hall della rue Richer, dall’altra parte del boulevard de Clichy: le «Folies Bergère». L’imperatrice aveva conquistato il suo trono e lo avrebbe conservato per 37 anni.