Video, musica e feste: la riminizzazione dei rifugi alpini
In principio — perché sono svariati anni che la tendenza è in atto — il fenomeno sembrava soltanto invernale, studiato per conquistare il popolo degli sciatori giovani e degli snow-boarder, ma ormai si è allargato anche all’estate, forse addirittura con maggior danno per la vista in quanto nella bella stagione i monti ritrovano quell’immacolata perfezione primordiale che l’inverno con i suoi numerosi impianti di risalita e gli incroci di piste più o meno artificiali spesso finisce per cancellare. È la riminizzazione della montagna che, con tutto il rispetto per la felice capitale romagnola della balneazione, avanza anno dopo anno, facendo somigliare baite e rifugi sempre più a locali per happy hour. Ed ecco che intorno spuntano ombrelloni da spiaggia, sdraio multicolori, bandiere, striscioni, palloncini, immensi e sgargianti manufatti di plastica, video che sparano immagini senza posa e, forse quel che è peggio, altoparlanti dai quali rimbombano violente musiche da discoteca. Una messa in scena che ferisce l’occhio, le orecchie e un poco anche il cuore. A favore di chi? Dei pochi giovani che d’estate salgono in alto nella speranza, probabilmente vana, di attirarne qualcuno in più? Dei 50enni emuli di Gianluca Vacchi che se non ballano non vivono ma che paiono piuttosto a casa loro sui panfili che non nei rifugi? E alla stragrande maggioranza silenziosa che vorrebbe godere della quiete irripetibile delle cime, degli immacolati paesaggi alpini tocca sorbirsi tali ormai frequenti piccoli circhi sguaiati. La profanazione della montagna non passa solo per la cementificazione aggressiva e invadente che non risparmia più quasi alcun luogo, ma anche per queste atrocità senz’altro secondarie però tali da far rimpiangere amaramente i tempi in cui in quota si saliva quasi con devozione, senza rumore, per non disturbare gli animali ma soprattutto per non incrinare la cristallina aria sottile delle cime. E viene da chiedersi se la tendenza in corso di banalizzare la montagna, di renderla meno speciale e simile a un luogo di pianura se non addirittura di città, non sia una concausa della mancanza di rispetto che le si porta, testimoniata da cartacce, bottiglie, lattine, sacchetti, avanzi di picnic abbandonati un po’ ovunque, lungo i sentieri o nei boschi. Profanazione anche questa, forse minore, però più avvilente perché così facilmente evitabile.
La quiete negata Un tempo si saliva in quota in silenzio, per godere dell’irripetibile quiete delle cime. Oggi lassù imperversano piccoli circhi sguaiati