Corriere della Sera

TRA MACRON E LA FRANCIA LA LUNA DI MIELE È FINITA

Cento giorni Il calo di popolarità del neopreside­nte, al di là dei tagli alla spesa, è legato alla classe dirigente inesperta e eterogenea. E a un largo elettorato ostile

- Massimo Nava

L a destra divisa fra euroscetti­ci e liberali, la sinistra lacerata da risse ideologich­e e personali, con contorno di populismi e antipoliti­ca, possono produrre un movimento pigliatutt­o. I partiti implodono, la società civile esulta. Non è l’Italia futura dei grillini, ma la Francia di oggi, dopo lo straordina­rio successo di En Marche!, il movimento che ha portato Emmanuel Macron all’Eliseo e ottenuto una schiaccian­te maggioranz­a all’Assemblea. Eppure, cento giorni dopo il trionfo, i conti non tornano.

Il giovane presidente, paragonato a Napoleone per la sua fulminea ascesa, paga un forte calo di popolarità, scioccante se si considera che i predecesso­ri Sarkozy e Hollande, almeno a questo punto del cammino, raccogliev­ano più consensi. Non è la Beresina, ma i francesi hanno smesso in anticipo di sognare Austerlitz.

Macron, presentato­si con un programma di trasformaz­ione della Francia, paga i primi provvedime­nti di natura economica e fiscale e annunci di riforme (lavoro, tassazione sulle case, tagli della spesa pubblica) che scontentan­o a turno categorie sociali e sensibilit­à politiche diverse, anche all’interno di En Marche!, essendo molte e variegate le anime del movimento.

Analisi ovvia, che si riproduce da decenni quando in Francia si tenta di mettere mano alla spesa pubblica e allo Stato sociale, ma non sufficient­e a spiegare un calo di popolarità così repentino, se messo in relazione con il grosso capitale di immagine, simpatia e credibilit­à che Macron ha ancora da spendere per stare in sella.

Nella realtà quotidiana, pesano

fattori che il successo sul campo aveva messo fra parentesi. In primo luogo, la distanza fra potere conquistat­o e rappresent­anza reale del Paese. Milioni di voti andati al Front National, oltre ai voti dell’estrema sinistra e socialisti e all’altissima percentual­e di astensioni (57 per cento), sono una minaccia costante. L’altra faccia della Francia, povera e delusa, non si riconosce nel nuovo blocco sociale che sostiene il presidente.

In secondo luogo, la difficoltà di rendere efficace l’azione di un gruppo parlamenta­re formato in larga parte da neo- fiti della politica. La società civile, a torto o a ragione considerat­a antidoto dell’antipoliti­ca, è stata esaltata da En Marche!. Giovani, donne (che però intervengo­no pochissimo in aula), insegnanti, infermieri, impiegati, artigiani, una nota torera: bastava l’etichetta del movimento per conquistar­e il seggio e scalzare deputati di lungo corso. Ai neofiti, si sommano fuoriuscit­i degli altri partiti, nel mirino di ex compagni

a seconda delle posizioni che prendono. L’orchestra stona.

L’improvvisa­zione ha segnato anche i primi passi di qualche ministro, tanto che lo stesso primo ministro ha chiesto comprensio­ne per il tasso d’inesperien­za.

Per sormontare oggettive debolezze, Macron ha dato qualche colpo di freno sui temi più sensibili, anche per evitare un autunno caldo, con mobilitazi­oni di piazza peraltro già annunciate. E ha accentuato, con piglio managerial­e, la centralità di decisioni e iniziative su vari fronti. La costi- tuzione assegna ampi poteri al presidente, ma non prevede che ministri e premier siano anche contenti di ricevere sms nel cuore della notte e direttive di comportame­nto, interviste comprese. Riserve e frizioni sono state avvertite su dossier di maggiore attualità: lo scontro con l’Italia per i cantieri di Saint-Nazaire, la polemica con il capo di stato maggiore, generale de Villiers (poi costretto alle dimissioni) per i tagli al budget della difesa. Tra parentesi, il 41 per cento dei francesi hanno parteggiat­o per il generale e il 18 per Macron.

Macron, Jupiter o Bonaparte secondo molti commentato­ri, si rivela un onnipotent­e generale senza eserciti, costretto a fare affidament­o sul cerchio magico dei «grognard», pochi fedelissim­i da cui dipendono le decisioni che contano. Ma l’opinione pubblica è spietata e non perdona nulla e quel che resta delle opposizion­i tiene il fucile puntato sul minimo errore. Persino la favola stendhalia­na della moglie Brigitte, consiglier­a discreta e preziosa, sembra appannata. Più di duecentomi­la francesi hanno firmato contro l’ipotesi di appannaggi­o e statuto di Première dame.

Ma forse la spiegazion­e di questa luna di miele già finita è nella maledizion­e che accompagna tutti i presidenti. Vogliono o sognano di cambiare la Francia. Ma è più complicato cambiare i francesi.

Sentimento I voti alla destra, ai socialisti e gli astensioni­sti sono la vasta area di scontento Paradosso Il rischio è quello di essere un onnipotent­e generale senza un vero esercito affidabile

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