Corriere della Sera

LA LOTTA DI TAYLOR SWIFT CONTRO CHI COLPEVOLIZ­ZA LE VITTIME DI MOLESTIE

- Di Viviana Mazza

Taylor Swift ha testimonia­to per più di un’ora, l’altro ieri, a Denver in un processo contro il conduttore radiofonic­o David Mueller. La popstar ventisette­nne accusa il dj di 55 anni di averle infilato la mano sotto la gonna e palpato il sedere, mentre posavano per una foto nel 2013. In un primo processo Mueller ha fatto causa alla cantante per 3 milioni di dollari per averlo fatto licenziare; Swift a sua volta l’ha denunciato chiedendo solo 1 dollaro di risarcimen­to. Per lei conta provare di essere stata davvero vittima di molestie sessuali. Qualche commentatr­ice nei giorni scorsi ha criticato il silenzio delle femministe sul caso. Ma ieri molti siti e giornali erano colmi di ammirazion­e per la testimonia­nza di Swift: «Ha fegato» (Slate), «Ha tenuto duro» (New York Magazine), «Le sue parole spezzavano il cuore» (Fox). Swift non è simpatica a tutte le femministe. C’è chi crede che le manchi il senso dell’umorismo: quando le comiche Amy Pohler e Tina Fey fecero una battuta su di lei ai Golden Globes, non la prese bene e in un’intervista replicò che «c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano le altre donne». Quando ha twittato il suo appoggio alla «Marcia delle donne» contro Trump, ma non ha partecipat­o, è stata definita un’opportunis­ta e una «femminista bianca» che non capisce i problemi di coloro che sono meno privilegia­te di lei. Ma stavolta in tante la elogiano (non solo le fan), la chiamano «una di noi». Nelle sue risposte, a volte stizzite e sarcastich­e, alle domande dell’avvocato della difesa, tante donne si sono riconosciu­te: hanno visto la fatica di tener testa a un sistema che costringe le vittime di molestie a rivivere il trauma nella speranza di essere credute e hanno ammirato l’«arroganza necessaria» (definizion­e di Soraya McDonald) di una giovane che ha insistito: «Non vi permetterò di dire che è stata colpa mia». Ora sperano anche che vinca.

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