Mps, debutta lo Stato-azionista «Rientrati 9 miliardi di depositi»
La banca perde a giugno 3,2 miliardi per la pulizia finale sulle sofferenze
C’è un numero poco evidenziato, tra le centinaia pubblicati ieri dal Montepaschi nella semestrale chiusa con una ennesima maxi-perdita da 3,2 miliardi legata alle svalutazioni su tutti i crediti in sofferenza, in vista dell’ingresso dello Stato-salvatore come azionista al 52%. Ma è un numero che prova che il treno della banca senese sta lentamente rimettendosi in moto: nel solo mese di luglio — dunque a partire dal via libera dell’Europa al salvataggio da parte dello Stato — le erogazioni di crediti a medio-lungo termine, alle famiglie e alle imprese, «si sono attestate a circa 0,7 miliardi di euro, registrando un trend positivo rispetto ai mesi precedenti». Cioè i clienti tornano a ottenere prestiti per i loro progetti.
Non era facile. Nei sette mesi vissuti tra il fallimento dell’aumento da 5 miliardi con Jp Morgan e l’ok di Bruxelles agli aiuti di Stato (con sacrificio di azionisti e obbligazionisti subordinati, il cosiddetto «burden sharing» per 8,1 miliardi), non era affatto scontato che Siena venisse salvata. Anche perché più passava il tempo e più la situazione si deteriorava. I numeri della semestrale approvata ieri dal consiglio presieduto da Alessandro Falciai e guidato dall’amministratore delegato Marco Morelli ne sono una accurata radiografia.
I crediti in sofferenza (npl) erano arrivati al 35,7% lordo a marzo 2017, e il Texas Ratio (l’indice che misura la capacità di una banca di sopportare le sofferenze) era al 146%. La liquidità era erosa, tanto che Mps ha dovuto ricorrere a 11 miliardi di bond garantiti dallo Stato. Con la ricapitalizzazione precauzionale — che con 3,9 miliardi vede entrare lo Stato al 52,2% e con la conversione di 4,2 miliardi di bond subordinati gli ex obbligazionisti prendere il 43% circa con Generali secondo azionista al 4,3% — e la mega svalutazione degli npl, il quadro è mutato: le sofferenze scendono al 19,8% lorde e all’11,7% nette e il Texas Ratio torna a livelli fisiologici, sotto quota 100 (al 98%). Ma soprattutto migliora la raccolta: depositi vincolati e conti correnti salgono di 3,8 miliardi nel secondo trimestre e di 9,4 miliardi da inizio anno. Nel semestre la perdita è determinata proprio dalla maxi-svalutazione finale di tutti gli npl per oltre 4 miliardi, in vista della cartolarizzazione e cessione al Fondo Atlante. A bilanciare la perdita è stato anche un maxi-beneficio fiscale da 530 milioni legato alle imposte differite (Dta) e ai benefici dal ridimensionamento dell’Ace (o «aiuto alla crescita economica», una nuova misura di incentivo alla ricapitalizzazione delle imprese).
Ora che il patrimonio è ristabilito (con 11,3 miliardi di euro e l’indice cet1 è al 15,4%) la banca può concentrarsi sul difficile piano di ristrutturazione che passa ancora una volta per i tagli: -600 filiali (dalle attuali duemila) e -4.800 dipendenti. Va rimessa in piedi anche l’industria bancaria. Si parte in salita, da -12,7% del margine di interesse nel primo semestre sull’anno precedente e -8,8% di commissioni.