La 50 km delle donne è una sfida per sette Susan l’ha voluta Coe spera di cancellarla
LONDRA Susan, ma chi te lo fa fare? «È la prima volta nella storia. Non potevo mancare». È seduta su un divanetto del Grange Hotel, minuscola ed elettrica. Susan Randall, 42 anni, pioniera d’importazione nata cinese e sposata con un americano del Colorado conosciuto su internet, è la piccola donna che ha costretto la gigantesca Iaaf a un passo inedito: inserire la 50 km di marcia femminile nel programma del Mondiale. La Billie Jean King dell’atletica. La Kathy Switzer (prima donna a correre la maratona di Boston nel ‘67) della marcia. All’appello della parità mancava solo la maratona di tacco e di punta, un trekking estremo che Susan impiega 4.54’12’’ a completare, la follia che stamane vedrà al via 7 atlete di quattro Paesi, la migliore (la portoghese Ines Henriques) con un personale di 4.08’26’’. Ha senso, Susan? «È stata una battaglia giusta». Assistita dall’avvocato Paul F. De Meester di San Francisco, la Randall ha minacciato la Iaaf di azione legale per discriminazione di genere. «Susan è protagonista di un caso di sessismo» ha scritto De Meester nell’arringa che avrebbe declamato al Tas. Consigliata dai legali, nel congresso di fine luglio la Iaaf ha ratificato la novità,
inserendola nel menù di Londra. 4.30’ lo standard di qualificazione. Cinque atlete al mondo lo posseggono: due americane (Erin Talcott aveva infranto un tabù marciando con gli uomini nella 50 km della Coppa di marcia di Roma), due cinesi e la portoghese. La brasiliana Da Rosa e Susan partecipano in quanto campionesse sudamericana e panamericana. Coe, che ha nel mirino anche la 50 km maschile, è furioso: «Il futuro della specialità non è certo: valuteremo il tasso tecnico della gara». Perplessità in casa Italia, che oggi schiera la Palmisano nella 20 km con obbligo di medaglia. Susan viaggia spedita verso il traguardo. «Spero ci siano altri Paesi interessati: al Mondiale 2019 potremo essere un bel gruppo…».