Corriere della Sera

«Abbiamo fatto tutto da soli e il paesino ha ripreso vita»

- di Elena Tebano

«In inverno abbiamo dormito e vissuto tutti insieme nei locali della Pro Loco, con la neve e temperatur­e fino a -18. È stata durissima, ma almeno oggi il paese vive ancora». Da gennaio Roberto Guerra, 53 anni, militare dell’Aeronautic­a, abita a Capricchia, frazione di Amatrice a 1.100 metri di altezza. Il padre era originario del paese, che d’inverno, prima del terremoto, contava tredici residenti. Lui era uno di quelli che ci passava l’estate, portando il numero degli abitanti a circa 600. Il sisma ha lasciato in piedi dieci case su 150, la cosa più ovvia per tutti sarebbe stata lasciare la piccola frazione, trasferirs­i ad Amatrice. «Ma non volevamo che sparisse e così ci siamo trasferiti qui, nonostante non ci fossero aiuti e strutture, solo due bagni chimici portati dalla Protezione civile che se li è ripresi quando è stata chiusa la mensa di Amatrice». I residenti d’inverno post terremoto sono diventati 22, compresi alcuni bambini. «Ma soprattutt­o abbiamo deciso di costruire, pagando di tasca nostra, delle baite per permettere a chi veniva qui in vacanza di tornare — dice Guerra —. Abbiamo comprato sei casette di legno da cinque posti letto ognuna, portato la luce fino al nuovo villaggio, che si chiama Vittoria in onore dell’unica abitante di Capricchia morta nel sisma. Il figlio di una donna del paese che ha un’impresa edile, Massimilia­no Tortorici, ci ha costruito i bagni gratis. Ci hanno aiutato i Comuni qui vicini, persone di buon cuore da Siena e Cuneo, i tifosi del Cesena. Questa estate a Capricchia ci sono un centinaio di persone — dice con orgoglio Guerra —. I villeggian­ti pagano 5 euro a testa a notte, per aiutarci a coprire le spese e a mettere da parte i soldi per costruire altre baite per l’anno prossimo. La sera mangiamo nella mensa comune. Insieme, abbiamo salvato il paese».

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(Max Cavallari) Le casette Roberto Guerra di fronte alle baite costruite dagli abitanti di Capricchia

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